MONiTOR Italia
  • Home
  • temi
    • culture
    • iniziative
    • italia
    • lavoro
    • migrazioni
    • recensioni
    • rifiuti
    • sanità
    • scuola
  • città
    • bologna
    • milano
    • napoli
    • roma
    • torino
  • foto
    • fotoreportage
    • fotogallerie
  • autori
  • edizioni
  • napoli MONiTOR
napoli
15 Marzo 2019

Napoli Teatro Festival: Cappuccio, De Fusco e le metafore che mancano

Monitor
(archivio disegni napolimonitor)
(archivio disegni napolimonitor)

Mezza giornata a Napoli, giusto mezza giornata prima di ripartire e mi becco la presentazione del Napoli Teatro Festival Italia 2019. Sono un uomo fortunato.

Così stamattina, per esempio, in un bel discorso che in sé ha stretto l’immancabile Proust, la filosofia, l’architettura contemporanea, alcune terzine tratte dal canto V dell’Inferno dantesco e la fidanzata del figlio di un suo amico (bella, simpatica, intelligente “ma che non fa metafore”), Ruggero Cappuccio ci ha spiegato che no, le metafore non si fanno più al giorno d’oggi e che sarebbe ora di tornare a farle. 

Probabilmente Cappuccio ha ragione, e adesso che sono di nuovo in viaggio provo a pensarci a quest’assenza di metafore. Tuttavia, se queste sono ormai rare, in compenso proliferano certe strane costruzioni retorico-numeriche. Un esempio? Lo stesso Cappuccio ha dichiarato che «il 70% degli spettacoli» del Napoli Teatro Festival Italia 2018 «ha avuto tournée» durante la stagione successiva, e che dunque il festival che lui dirige funge da seminatore teatrale, da principio o da fonte da cui deriva ciò che vediamo poi nel corso dell’anno. Uno dunque lo ascolta e pensa: “caspita, ma allora il NTFI…”. Tuttavia, questo 70% cui fa riferimento Cappuccio è composto genericamente dalle opere che per loro conto hanno avuto distribuzione (distribuzione in cui il NTFI c’entra poco, anzi nulla) o da quegli spettacoli di cui il NTFI è co-produttore (in alleanza con le grandi strutture nazionali) e che poi girano grazie alla consueta pratica degli scambi tra gli Stabili italiani. Cappuccio lo dichiara perché così può dimostrare che il Festival che dirige non è solo un eventificio episodico, un distributore di sostegni a progetti di corto respiro (o, in qualche caso e peggio ancora, di mance date ai teatranti locali) e tuttavia forse occorrerebbe – a fronte di questo “70% di tournée” dichiarato – ricordarsi che obbligo stabilito dallo statuto della Fondazione Campania dei Festival, tramite il NTFI, è quello di “favorire la circuitazione delle produzioni campane nei festival nazionali e internazionali” così da promuovere “la formazione di nuove generazioni di autori, produttori, attori e ridistributori teatrali”. Ebbene: quanti spettacoli campani il NTFI ha contribuito a far circuitare davvero, in Italia e all’estero, e quanti di questi spettacoli – per esempio – appartenevano alla sezione “Osservatorio”, cioè a quella così generosamente offerta alle nuove generazioni teatrali della città?

Quest’abilità retorico-numerica è la stessa che rende curiosa e divertente la pagina dedicata alle tournée (nuove o vecchie) del Teatro Nazionale di Napoli: vi si legge, per esempio, che costituisce tournée il viaggio fatto da Emone, regia di Raffaele Di Florio (coprodotto da Napoli, Torino, Roma) verso Roma e Torino (si tratta, invece, semplicemente delle repliche in sede da parte dei soggetti coproduttori); addirittura va considerata tournée anche la lunga (e immagino spossante) trasferta che ha compiuto Shakespeare & Shakespeare (il saggio di fine triennio degli allievi del Nazionale), trasferta che li ha portati a esibirsi dal San Ferdinando di Napoli al Palazzo Reale di Napoli: nel NTFI e in data unica, naturalmente. Si tratta, anche in questo caso, di un artificio retorico-numerico, grazie al quale De Fusco potrà continuare a rispondermi che «no, lei si sbaglia, non è vero che bado soprattutto a far girare i miei spettacoli: guardi quante messinscene, di quanti artisti differenti, invece facciamo andare in giro…».

Il fatto che mi venga in mente Luca De Fusco è inevitabile, giacché lui è il maestro di questa nuova formula retorico-numerica: la utilizza quasi più di quanto usi come protagonista Gaia Aprea nelle sue regie, sullo sfondo di schermi che ne ingigantiscano il volto. Così in ogni occasione ci tiene ad aggiornare il dato-fantastiliardo degli abbonati: l’ultimo è quello presentato nel CdA del 19 dicembre 2018, nel quale ha relazionato «in merito ai risultati della sua gestione dal 2011 al 2017». Gli abbonati, leggo, sono aumentati del 234% e le presenze del 72%. Peccato che, nel contempo, De Fusco si dimentichi di dire che in questi stessi anni è stato quasi azzerato lo sbigliettamento (per sentirglielo confessare bisogna andare indietro di undici mesi: «Noi sbigliettiamo pochissimo», «Il pieno lo facciamo quando vendiamo il cartellone», «Facciamo come EasyJet: prima compri l’abbonamento e meno paghi», affermò nell’incontro organizzato il 24 aprile 2018, a casa Santanelli, nell’ambito de Il Teatro cerca Casa).

È un peccato anche che chi dovrebbe controllare queste cifre, verificarne il fondamento e aiutare chi le ascolta a comprendere cosa davvero significhino (cioè noi giornalisti) si dimentichi di farlo, limitandosi – come ad esempio fa Fabrizio Coscia in un corsivo pubblicato da Il Mattino il 27 febbraio 2019 – a parlare di “strategia di marketing molto concorrenziale, per usare un eufemismo”, aggiungendo, tre righe dopo, che “sono i risultati che contano. E i risultati ci dicono che lo Stabile di Napoli funziona bene”. Eppure. 

Eppure sarebbe bastato riflettere in termini di sistema complessivo per interrogarsi su cosa significhi per il resto della teatralità campana (a partire dalle sale medio-piccole, che di sbigliettamento e non di fondi pubblici sopravvivono) confrontarsi con un Nazionale che, per dirla con Coscia, adopera una strategia di marketing così “concorrenziale”; sarebbe bastato incrociare il dato-fantastiliardo così caro a De Fusco con altri due dati che si desumono studiando i bilanci del teatro ch’egli dirige: nel 2011 lo Stabile di Napoli dichiara a bilancio come “incassi da botteghino” 586.290 euro e come “incassi da produzioni e coproduzioni” 1.414.291 euro; nel 2017 (ultima annualità consultabile) gli “incassi da botteghino” sono di 715.397 euro e quelli derivanti da produzioni e coproduzioni sono di 1.477.616 euro. Ossia: a fronte di un bilancio «passato da quattro a nove-dieci milioni di euro» e a fronte del 72% di presenze in più e del 234% in più di abbonati, gli incassi complessivi da botteghino sono aumentati del 22% e quelli da produzioni/coproduzioni del 4,4%. Ecco, basterebbe già questo per farsi abbagliare meno da certe cifre o, almeno, per contestualizzarle e per renderle più credibili, davvero analizzabili.

Eppure – aggiungo infine, amaramente – in tutto questo noi dovremmo discutere di qualità dell’offerta, di eterogeneità lessicale e poetica, di aspirazione alla bellezza e di rischio artistico assunto in cambio del sostegno pubblico al teatro. E invece siamo costretti alla freddezza dei numeri, a usare la calcolatrice, a misurare o pesare la quantità. Quanto sarebbe bello, dover scrivere solo di metafore. (alessandro toppi)

Share on Facebook Share on Twitter Share on Google+
Previous Article Morte e vita dei grandi paesi europei senza migranti
Next Article Un sabato movimentato. Cronaca dei cortei parigini

Related Posts

  • Il tempo immobile. Dieci anni senza Davide Bifolco, ucciso da un carabiniere

  • Il crollo di Scampia e la città degli eventi sacrificali

  • Bagnopoly, l’eterno gioco di società sul quartiere flegreo

  • La presa della battigia. Una giornata di festa e di lotta per il mare libero

Leave a Reply

Appuntamenti

Edizioni MONiTOR

Lo stato delle città, n°12

Lo stato delle città, n°11

Lo stato delle città, n°10

Lievito

La memoria bucata

Lo stato delle città, n°9

Confini

Le guarattelle

Lo stato delle città, n°8

Le fragili alleanze

Lo stato delle città, n°7

La settimana santa

L’estate è finita

La Venere degli stracci

Lo stato delle città, n°6

Baby Gang

Lo stato delle città, n°5

Lo stato delle città, n°4

Solidi

Detti

Lo stato delle città, n°3

Lo stato delle città, n°2

Risalendo la china

Quartieri Spagnoli

L’infelicità italiana

Lo stato delle città, n°1

Lo stato delle città, n°0

Heroes

Qualcosa che bruci. Oroscopo di Foucault

Il cielo in una stanza

Lo sparo nella notte

La città orizzontale

Grigio

Primavera breve

Fino all’urdemo suspiro

Vai mo

Palude

iL SINDAKO

Lo stato della città

Il fuoco a mare

La sfida

Odissee

SOSTIENI!

Lo stato delle città / LA RIVISTA

NEWSLETTER

Manteniamo i tuoi dati privati e li condividiamo solo con terze parti necessarie per l'erogazione dei servizi. Per maggiori informazioni, consulta la nostra Privacy Policy.

Controlla la tua casella di posta o la cartella spam per confermare la tua iscrizione

Fotoreportage

Storie Disegnate

Napolimonitor.it 2006 > 2015

Lo stato della città / IL LIBRO

Chi siamo

Napoli Monitor è stato un mensile cartaceo, in edicola dal 2006 al 2014.
A partire dal 2010 è un sito di informazione e approfondimento.
Dal 2015 pubblica anche libri e dal marzo 2018 la rivista “Lo stato delle città”.

contatti

La redazione di Napoli Monitor è ai Quartieri Spagnoli (via Emanuele De Deo 63/a, 80134 – Napoli) – info: redazione@napolimonitor.it

MONiTOR Italia
© Copyright 2015. Proudly supported by dopolavoro and Shift-Left