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29 Luglio 2019

I paradossi delle discariche. Mancate bonifiche e rifiuti speciali in provincia di Taranto

Etta Ragusa
(archivio disegni napolimonitor)

A Taranto e provincia il pericolo per la salute e per l’ambiente non è determinato soltanto dalla presenza dell’Ilva. Nemmeno quando è in corso un processo per disastro ambientale e i gestori sono stati condannati in primo grado con l’obbligo di bonificare il sito; nemmeno quando un tribunale annulla tutti gli atti di autorizzazione per un inusuale raddoppio in altezza e coloro che lo hanno autorizzato sono in carcere in seguito a un’inchiesta per corruzione, nemmeno allora ci sono sufficienti ragioni per sperare che sia messo un argine allo scempio del territorio, ceduto al business dei rifiuti speciali provenienti da ogni dove.

Infatti una delle due discariche per rifiuti speciali, ubicate in provincia di Taranto, a cinque anni dal sequestro (la discarica Palombara), non può essere bonificata e messa in sicurezza perché la Provincia ha scoperto che “per le discariche Palombara e Mennole questo ente non dispone di alcuna garanzia finanziaria”. «A distanza di cinque anni dal sequestro preventivo – dice Angelo Del Vecchio, presidente del comitato AttivaLizzano – tutto è rimasto com’era: un lotto pieno a metà di rifiuti pericolosi, colmo di percolato e completamente scoperto, tanto che con la pioggia il liquido fuoriesce dagli argini e ha già provocato la frana di una parete della stessa discarica”.

Inoltre, secondo quanto pubblica AttivaLizzano su Fb, il Gip del Tribunale di Lecce non può dissequestrare il sito per dar luogo alla bonifica e messa in sicurezza perché la circostanza che sia intervenuta una sentenza di primo grado e non ancora definitiva a carico del gestore renderebbe incompatibile l’esecuzione degli interventi a opera di soggetti diversi. Nel frattempo il terreno sul quale insiste la discarica è stato acquistato dalla Lutum Srl, del gruppo C.I.S.A., società appartenente a un imprenditore locale, partner del Gruppo Marcegaglia in Appia Energy.

E il paradosso assume a questo punto caratteristiche davvero stupefacenti. Non solo perché si è potuto vendere il terreno sul quale insiste la discarica sotto sequestro, non solo perché la discarica continuerà a smaltire rifiuti dal momento che “il cessionario è disponibile a produrre in favore della provincia di Taranto le predette garanzie finanziarie per la prosecuzione dell’attività di discarica”, ma anche perché gli interventi di bonifica previsti dovrebbero essere attuati con finanziamenti pubblici! Sì, perché l’Ager Puglia e il comune di Taranto metterebbero a disposizione circa due milioni e mezzo di euro. Enorme sarebbe il giro d’affari che la riapertura della discarica in contrada Palombara muoverebbe, una torta da centocinquanta milioni di euro, perché l’impianto sarebbe ancora in grado di ospitare oltre un milione e cinquecentomila metri cubi di rifiuti. E intanto cresce l’inquietudine della popolazione per la possibilità di ulteriori danni ambientali e sanitari.

A Grottaglie, sempre in provincia di Taranto, è dal 1999 che si smaltiscono rifiuti speciali e di discariche ce ne sono tre. Mentre le prime due, autorizzate sopra un tratto dell’antica via Appia, non sono ancora entrate nella fase di post-gestione a oltre dieci anni dall’esaurimento e contrariamente a ogni norma vigente, la terza discarica, avendo esaurito dal 2016 gli oltre due milioni di metri cubi autorizzati, è stata in parte sopraelevata perché nel marzo 2018 l’allora presidente della Provincia, Tamburrano, nonostante il diniego degli enti preposti, ha cambiato in positivo l’originario parere negativo dopo avere nominato un nuovo comitato tecnico e un nuovo funzionario preposto a redigere l’atto. E se non fosse intervenuto il Tar, che ha annullato tutti gli atti di autorizzazione in seguito al ricorso del Comune e dei comitati, la soprelevazione avrebbe continuato a lievitare fino al raddoppio della volumetria, giustificato come “modifica sostanziale per l’ottimizzazione del profilo orografico per regolare il deflusso delle acque meteoriche”. Intanto anche queste discariche hanno cambiato proprietà, essendo state acquistate dalla municipalizzata lombarda Linea ambiente del gruppo LGH, il cui acquisto da parte di A2A è stato fermato nel marzo scorso dall’Autorità nazionale anticorruzione.

Ora, mentre si è in attesa della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato al quale il gestore si è appellato contro il parere espresso dal Tar, il presidente della provincia e il funzionario da lui nominato che aveva firmato l’atto di approvazione, oltre all’allora procuratore speciale della società di gestione, sono stati arrestati lo scorso marzo con l’accusa di corruzione, in seguito all’inchiesta T-Rex avviata dalla Guardia di Finanza. E per loro il 24 luglio è stato richiesto il giudizio immediato.

Desta inquietudine anche una nota presentata da Linea Ambiente al Consiglio di Stato – in aggiunta alla richiesta, non accolta, di cancellazione dal ruolo della causa avviata contro la sentenza del Tar che annullava tutti gli atti di autorizzazione del sopralzo – con la quale “la società motivava la richiesta di sospensione del processo per consentire al Consiglio dei Ministri di esprimersi sulla vicenda in quanto vi sarebbero motivi che lasciano pensare che il governo possa autorizzare il progetto di sopralzo”. Infatti, non si può non chiedersi quali siano questi “motivi” che lasciano pensare che il governo possa autorizzare il sopralzo, cioè il raddoppio in verticale di una discarica, sulla quale un tecnico interpellato dal comune di Grottaglie, ha redatto una relazione sottolineando “il rischio di rottura della guaina con la conseguente contaminazione della falda”, sostenendo anche che esiste un errore tecnico, in particolare per quanto riguarda il ristagno delle acque”. (etta ragusa)

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