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14 Novembre 2014

La raffineria di Milazzo e i Godzilla di tutta Europa

Riccardo Orioles
(disegno di ottoeffe)

da: I siciliani giovani / ottobre 2014

«Quello che ci vorrebbe è una bella campagna pubblicitaria nazionale, per far conoscere a tutti le bellezze della nostra bella città! La gente deve smetterla, appena si dice Milazzo, di pensare alla raffineria! Il cielo, il sole, il mare, questo bisogna dire per il turismo!». Già. Il fatto è che da una certa ora in poi Milazzo è praticamente isolata dal resto del mondo e d’estate, di notte, c’è pieno di turisti che bivaccano alla stazione di Messina, in attesa dei primi treni del mattino.

Neanche ripartire da Milazzo via treno è tanto facile, con la stazione a casa del diavolo, un paio d’impiegati superstiti che s’arrabbattano alla meno peggio, il bar della stazione sbarrato e sostituito da un paninaro e un clima da film giapponese dopo il passaggio di Godzilla. Ci sono vari pezzi di spiaggia ancora liberi (a pochi metri da uno hanno appena costruito un magnifico palazzone da cinque piani) e il mare, se non sei un perito chimico con le tue provette appresso, ti sembra buono. Sul lungomare, una robusta statua di Luigi Rizzo (l’eroe cittadino, con Garibaldi) minaccia col pugno alzato la raffineria: è l’unico milazzese che osa farlo. «È successo qualcosa?» dicono, riluttanti, tutti gli altri.

Dicevamo Godzilla: e anche qui, stando attento, senti l’aria del mostro. Lo sanno tutti, in realtà, non c’è bambino o vecchio milazzese che non sappia benissimo che cosa stia dormendo là sotto. Ma è meglio non sfruculiarlo. Casomai si risveglia.

Il mostro s’è risvegliato varie volte in passato, la peggiore è stata il 4 giugno del ’93, all’ora della pausa pranzo aziendale. Il pranzo arrivò con quindici minuti di ritardo, quel giorno, alla mensa della raffineria, così invece dei soliti duecento operai alle 13.20 ne uscirono solo sette. L’esplosione del Topping 5 li disintegrò in un baleno: qualche scheggia d’acciaio fu ritrovate a cento metri.

Perciò ora, quando la notte fra il 27 e il 28 settembre le fiamme hanno raggiunto il cielo, i milazzesi non hanno perso un istante a catapultarsi dal letto e fiondarsi mezzo vestiti per la strada. Per andare dove? Il piano d’emergenza della raffineria, chi ha la fortuna di conoscerlo, prevede che in caso di guai bisogna chiudere ermeticamente le finestre e non fare mosse sbagliate. E poi? Te ne scappi? Scappi dove? Quali vie? Quali istruzioni? Non ce n’è. Così, mentre i coraggiosissimi pompieri e operai lottavano per salvare il paese da una mezza Fukushima, i milazzesi che non erano imbottigliati negli ingorghi pregavano tutti i santi che conoscevano e bestemmiavano tutte le autorità esistenti. A San Filippo, a poche decine di metri dai serbatoi (gli puoi tirare un sasso dalla finestra di casa, se ti va: ma non ti consiglio di farlo) bestemmie e preghiere erano più tremanti e più forti.

«La Madonna ci ha salvato, la nostra Madonna della Catena!» disse poi padre Peppe, il buon parroco che da anni lotta contro l’inquinamento di questo e degli altri mostri. La Sacelit, con l’amianto, ne ha fatti fuori centoventi, fra operai e mogli e figli: l’ultimo, Giuseppe Gitto, è morto pochi giorni fa; e ancora (denunciano Maio e Ginatempo di Zero Waste) qua non hanno ancora fatto il Piano Protezione Amianto!

Sono un sacco le cose che non hanno fatto: per l’amianto, per la raffineria, per la centrale a carbone, per tutto. Ma perché? La migliore risposta l’ha data un candidato sindaco locale, più lucido – involontariamente – dello stesso Carlo Marx. «La raffineria è un’azienda, ha detto nel comizio, e lo scopo delle aziende è fare profitti. Dire alle aziende di riconvertire è idiota! Le aziende restano finché fanno un euro di profitto, poi chiudono e se ne vanno».

Ecco perché l’idea diffusa qui è di non disturbare Godzilla. Se si arrabbia, chiude e se ne va. In realtà, tutti i Godzilli d’Europa – ramo raffinerie – hanno chiuso o stanno chiudendo uno a uno. Non è più un affare, raffinare petrolio da questo lato del ciclo: meglio farlo laggiù. Perciò un bel giorno anche qui, nella terra bruciata, non resteranno che gli escrementi di Godzilla: «Io so’ io – dirà Godzilla andandosene – e voi non siete un c***. Perciò, affari vostri!».

Ma non sarebbe meglio cominciare a organizzarsi subito, i lavoratori di Godzilla, e cominciare finché s’è in tempo a legarlo, ad accordarsi coi contadini, a imbavagliargli il fiato? Eh, facile a dirsi. Poi, chi lo sa, forse è anche peccato. Al povero prete di qua, quello che ce l’ha con l’inquinamento, sta arrivando – dicono – qualche “benedizione” non tanto benevola dalla Curia. Don Camillo aveva un vescovo di buon senso, ai tempi suoi, e poteva contare su Peppone. Ma ora… (riccardo orioles)

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