TUTTO È VERO
Giacomo Nanni
Rizzoli Lizard, 208 pagine, 17 euro
Cosa si può dire della sequenza degli attentati islamisti commessi in Francia nel 2015, apertasi a gennaio con il massacro di Charlie Hebdo (dodici morti) e chiusasi, provvisoriamente, con 130 morti e 413 feriti nella notte del 13 novembre 2015?
Ogni parola spesa e ogni analisi rischia di perdersi nelle emozioni e nella difficoltà di analizzare un tale momento. Quando cerco di leggere riflessioni più o meno audaci sulla sequenza degli attentati del 2015, spesso resto poco convinto, alcuni argomenti li trovo repulsivi, altri abrasivi, indigesti. In questo senso, la lettura di Tutto è vero di Giacomo Nanni (italiano stabilitosi a Parigi) è un po’ come un balsamo. A volo d’uccello, anzi di corvo, più precisamente di corvo habitué del parco delle Buttes Chaumont, nel XIXesimo arrondissement di Parigi, Nanni riesce quantomeno a parlare dell’attentato di Charlie Hebdo senza bruciarmi lo stomaco – ed è un grandissimo risultato.
Il corvo è il soggetto che racconta, appunto, la sua vita di corvide che dall’alto osserva, vive e si nutre delle storie che girano intorno al parco, e che si concludono con quella dei fratelli Chérif e Saïd Kouachi, autori dell’attentato di Charlie Hebdo, e di Ahmed Merabet, un poliziotto di origine magrebina ucciso dai fratelli Kouachi durante la fuga dalla redazione del giornale satirico.
In sé, Tutto è vero è un oggetto ibrido. Un po’ album fotografico disegnato, col layout riempito da quattro tavole per pagina, un po’ bloc-notes, quasi diario delle violenze che si dissipano come fili conduttori verso l’attentato del 2015. Questi fili, tuttavia, mai sono spiegazioni né cause-effetto; piuttosto, elementi che mettono in contesto, che offrono frammenti di senso laddove di senso è difficile trovarne.
Il corvo di Nanni è un animale intelligente, inquietante, vendicativo e spietato; eppure compassionevole, sorprende per empatia. Non a caso ci viene introdotto a Bodega Bay in California, durante il set di Uccelli di Hitchcock. È il vettore narrativo un po’ freddo, quindi degno di fiducia, che ci permette di uscire dall’ambiente surriscaldato ed emotivo che è la Francia contemporanea per cominciare a capire cosa sia stata quella sequenza mortifera (tuttora non conclusa).
Alle riflessioni del corvo sull’ambiente urbano e sui tentativi degli uomini di tagliare i ponti con la natura, Nanni alterna pezzi estremamente fattuali sulle torture nei capitoli parigini della guerra d’Algeria, sulle violenze poliziesche quotidiane, sul percorso dei jihadisti di periferia dai furti alla prigione allo Yemen al kalashnikov a Charlie Hebdo.
Nessuno degli autori degli attentati è mai nominato, nessuno dei loro volti è disegnato. Sono sagome nere su sfondi colorati, che lasciano intravedere le barbe lunghe. Una scelta precisa dell’autore – che mi convince. Spersonalizzati, spogliati della loro biografia, gli autori degli attentati emergono come vettori di una storia complessa e violenta, discendenti delle colonie, figli della tortura e della ghettizzazione, vittime del razzismo strutturale francese, violenti fanatici assassini reazionari. La semplicità della raffigurazione e della narrazione aiutano a far emergere la complessità dei personaggi.
Alla fine, tutti questi elementi si riuniscono. Le linee di testo fattuali sui processi a Charlie Hebdo, intentati da alcune organizzazioni religiose, accompagnano i foto-disegni delle sagome nere armate di kalashnikov, seguite in alto dal corvo, mentre si apprestano al massacro del gennaio 2015. I fatti, nient’altro che i fatti. Un buon punto di partenza, dall’alto, freddo e impersonale, per cominciare a fare lutto, e iniziare a comprendere. (filippo ortona)
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