Questo sabato i venditori del Balôn hanno violato la delibera comunale per la sesta volta. Ora nastri di scotch segnano i posti sull’asfalto, qualcuno ha scritto il suo nome sul muro. Il numero di straccivendoli è aumentato. Non è un mondo fuori controllo, ma un esperimento di organizzazione di sé: i marginali si sono gestiti, sin qui, senza la mediazione delle istituzioni. Intanto il presidente di circoscrizione – Luca Deri, esponente del Partito Democratico – ha scritto una lettera aperta al comune di Torino. Deri, turbato dalla recente “invasione” di “abusivi”, propone di sospendere la delibera comunale e aprire un negoziato. Queste le proposte avanzate: concedere l’area del mercato a soli 180 espositori (a fronte dei soliti 400), sgomberare piazza San Pietro in Vincoli e ristabilire il governo di un’associazione gerente. “In caso di numero di venditori superiore ai posti disponibili – prosegue il presidente – si deve procedere a turnazioni coordinate dall’associazione che gestisce il mercato”. La proposta non è nuova, ma ora si colora d’insidie: il negoziato prelude alla divisione degli straccivendoli. Il comitato di quartiere favorevole al mercato – i cui esponenti sono ricchi di buoni sentimenti per i poveri – ha accolto con favore la possibilità di una trattativa, e senza criticare l’ipotesi di una partizione.
Ogni sabato il quartiere è il cuore della città: oltre ai mercanti di oggetti ritrovati giungono decine di migliaia di uomini e donne per fare la spesa a Porta Palazzo e rovistare al Balôn. La repressione in città è aumentata in modo inquietante, ma qui, al sabato, un intervento di polizia resta difficilissimo. Credo che questa esperienza di insubordinazione dei marginali possa essere smantellata con i negoziati, e non con l’uso della forza. Le insidie non verranno dalla Questura e da una giunta sempre più incapace di leggere e capire la città, ma dalle forze progressiste e benevolenti. Gli straccivendoli hanno una sola possibilità di resistenza: ridurre le incomprensioni e restare uniti, prendere coscienza di sé, imporre il loro protagonismo nonostante le nostre ingerenze.
Allora lascio ancora la parola a Claudia che l’altra settimana ha trascorso tre giorni agli arresti domiciliari per resistenza alla polizia. Qui racconta il ritorno alla libertà, l’ultimo presidio, i malesseri e le speranze di chi sopravvive al Balôn, i timori di trattative e riunioni che sottovoce avvengono. (francesco migliaccio)
«È arrivato il venerdì e sto andando al presidio verso le quattro di pomeriggio, penso che la mia partecipazione di lotta debba prendere il volo con gli altri operatori. Arrivando lì, vedo la tettoia tutta tagliata con il coltello – un’immagine di come si comporta l’avversario – e salgo in piazza San Pietro in Vincoli. Lì trovo l’accoglienza dei bambini nomadi che mi parlano e mi sorridono. Esce subito la mamma che mi chiede perché sono stata in arresto, la piazza era tutta marcata da scotch e cartoni e io ero felice perché ogni mercataro resiste a forma propria. Era un posto che sembrava lo stadio Maracanà da enorme che era. Era bellissimo, mentre ero seduta per terra girava la macchina dei vigili che si è fermata nella nostra direzione mentre io parlavo. Guardo il vigile che dentro la macchina punta i suoi occhi e direziona le dita verso me. Niente mi spaventa, mi alzo e la piazza era già con una decina di mercatari che si raggruppavano in punti diversi. Saluto tutti e sempre chiedo se hanno novità. Ho raccontato della riunione trappolosa, ma è sempre vago quel che dico perché la lingua italiana manca nel nostro vocabolario. […] Non c’era la nostra tettoia, ma la nostra presenza si fa forza e subito arriva il legno e si scalda; fa un tempo meraviglioso, arrivano i compagni dell’Asilo e portano da mangiare e le scatole per raccogliere libri per i compagni in arresto.
«Il presidio prende il volo e tanti degli operatori sono sorpresi per la quantità di cibo e hanno la timidezza di avvicinarsi. È difficile per loro capire questi gesti: “Non li conosco, e fanno questo per noi”. Anche io ero sorpresa quando tanti anni fa sono stata sostenuta da solidali. Eravamo in tanti. A ogni lotta si percepisce la grandezza della libertà senza vincolo con le istituzioni. Così gratuita, così fatta di amore, così fatta di solidarietà. Io mi commuovo anche scrivendo, adesso percepisco le mie lacrime che cadono, era cosi bello: ognuno dona quello che sa fare e dona il suo meglio. Noi sempre abbiamo fatto la raccolta di soldi tra di noi. Con pochi soldi [durante gli altri presidi, NdR] compravamo uova, salciccia e pane e rimanevamo lì a ridere e litigare perché la salciccia bruciava da una parte, qualcuno beveva un po’ di più, ridevamo. “Mannaggia, se arriva la polizia – quello dice – prendimi”, perché già era strafatto di birra. Questo presidio è stato così grandioso di anime libere, si percepiva che la libertà va scoperta dentro di noi a ogni momento. E c’erano tanti lì che non sapevano gestire la propria autonomia, però eravamo in quel momento una sola ragione: la resistenza del mercato che nella mattina dava la possibilità a ogni operatore di sopravvivere.
«Le ore passavano, la via era già tutta segnata dai mercatari, era spettacolare, c’era musica e dj a scaldare le anime ribelli. Lì tra le mie scatole ho dormito un’ora, alle cinque di mattina già facevo il mio banco. Faceva un freddo insopportabile, ma resistevo alle difficoltà e sapevo che io potevo portare da mangiare a casa. Già che sabato scorso non ho svolto la mia attività [a causa dell’arresto, NdR], ero letteralmente nella merda. Però ero forte, sentivo il mio corpo forte con quel mangiare che mi hanno offerto. Piano piano il mercato ha preso il volo e ve lo dico era spettacolare, era così affollato di passanti e operatori. Mi chiedo il perché di tanta cattiveria con il povero. Tra una voce e l’altra un nomade si piazza nel mezzo della strada e un altro viene da me per dire che lui doveva spostarsi. Io dico: “Lui è lì perché ha fame, ha due possibilità: o lui va a rubare o lui difende la propria necessità. Dovevate risolverla insieme, non venire da me, non sono capo di niente, ho una visibilità perché sto difendendo la mia sopravvivenza e lotto nel mercato”. E così quello è rimasto lì e in due ore ha venduto la sua merce e se n’è andato con la sicurezza della propria pagnotta. Io ridevo: così veloce, mentre noi tutti eravamo lì da più di dieci ore. Specifico la loro merce: niente, una vecchia macchina da cucire, un po’ di radio da musica e cazzate varie, due pentole e cazzate varie… Sono stata fiera di lui e lui andava via forte come un leone libero.
«La giornata proseguiva, verso le nove faceva un vento che si congelava e il fuoco acceso permetteva di aggruppare qualche mercataro che passava a scaldare le mani e io sedevo. Un mercataro passava a curiosare e una volta di queste diceva che il fuoco doveva essere spento e che portava via il secchio di ferro che è lì da più di tre sabati. Ovvio che io intervengo e dico: “Ma che cazzo vieni a rompere”. Diceva che io facevo il capo. Anche scrivere questa parola mi dà fastidio. Io sono una leader della mia sopravvivenza, sarò e sono una che combatte le mie difficoltà e sono vicina a chi merita il mio sostegno. Io per svegliare il mercato urlavo: “Prima gli stranieri, dopo gli italiani”. Era così epocale, tanti stranieri ridevano e tanti che sembravano italiani passavano così perplessi e si facevano una riflessione. E sorridevano mentre la frase finiva. Non sono riuscita a fare un salto in San Pietro in Vincoli, ero cosi concentrata a fare i soldi per la settimana, mettere credito nel telefono mio e di mia figlia, e mangiare. La macchina Ferrari e il tartufo questo mercato non mi dà la possibilità di averli, però mi da la possibilità di essere libera, di non dipendere da nessuno.
«Quattro sabati fa passava uno dei più vecchi mercatari con un megafono e con la sua voce saggia diceva: “Vogliono dividere il mercato… vogliono dividere il mercato”. Quando lui si è avvicinato al mio banco, diceva: “Dai, urla mentre io tengo il megafono cosi capiscono”. Come sono belli i mercatari, come sono belle le persone semplici che lottano con la propria saggezza. Io mi sono fidata e vado io a urlare per tutto il mercato: “Presidio, domani lunedì”. E così è andata che lunedì questi mercatari non c’erano, e non c’erano tanti di loro di San Pietro in Vincoli. La piazza di San Pietro in Vincoli è la parte più fragile del mercato, perché sono costretti dai vigili a non fare il fuoco, a non disturbare i vicini che vivono nei palazzi che circondano la piazza. Ho fatto pure un evento dove si leggeva: “San Pietro in Barricata”.
«Anche io ho uno specchio a casa e lo so che quando mi guardo mi vedo sola, sono sola e sola sarò. Però nella lotta si moltiplicano le solidarietà e nessuno è solo in questa lotta, anche se qualcuno vuole dividere e fare vedere i vicini cattivi e i vicini bravi, i mercatari cattivi e i mercatari indifesi. La delibera dello spostamento del mercato è un bluff. Non vogliono chiudere il mercato, vogliono spostare per cominciare la riqualificazione della piazza San Pietro in Vincoli. […] Loro guadagneranno sopra la paura dei poveri e la minaccia sarà: o accetti, o vai via. Piuttosto loro andassero all’inferno prima. La cosa che mi consuma è il mio psicologico, la mia visione del disispero che queste persone provano. Io sento tutto, sento il disispero delle persone chi mi parlano: “Io mi incateno con i miei figli, io mi brucio con la benzina…”. È terrificante. L’ultima proprio giovedì in quella riunione si sentiva in tono forte qualcuno che diceva che si tagliava vivo. Così sconfortante, così preoccupante. Nella prima settimana di mercato gestito da noi, un nomade ha avuto un infarto, la causa non la so, però una cosa penso io: questo annuncio della chiusura del mercato ha fatto peggiorare la sua situazione di salute. Nel terzo mercato un altro ha avuto un ictus.
«Comunque la lotta va avanti, tutti i mercatari sanno di questa lettera e trovo bizzarra questa trattativa di tre persone in nome di tutti noi. Il loro scopo politico è ottenere potere attraverso il disispero delle persone semplici. Si resiste più di ieri, si combatte e domani si resiste e si va verso il settimo mercato gestito da tutti gli operatori. Dicono gli altri: “Cosa vogliono gli abusivi irregolari?”. Io nel mio italiano direi “mercato anarchico” gestito da persone che non votano, che anarchicamente combattono per la loro libertà. Sabato mercato aperto, venite tutte e tutti».
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