Foto di Marco Mancini
Già il punto di ritrovo per l’inizio del corteo del 10 febbraio contro le Olimpiadi insostenibili Milano-Cortina 2026 è uno spaccato decisamente evocativo delle contraddizioni che il comitato che organizza la mobilitazione vuole far emergere: protetti per quanto possibile dalla tettoia dell’ex Cinema Maestoso (oggi in mano a una delle multinazionali dello sport elitario) guardiamo verso lo scalo di Porta Romana, simbolo della svendita del patrimonio collettivo alle real estate globali. Intorno a noi camionette e agenti della Digos, a ricordarci che cementificazione fa rima con militarizzazione.
Ci rassicuriamo a vicenda: la giornata non sarà piovosa come temevamo. Intanto arrivano le scenografie e le comparse. Sciatrici fuori contesto e slittini trainati sull’asfalto – spiegano gli interventi – evocano la neve che ormai sotto i duemila metri non cade più, rendendo “necessario” lo spreco di tonnellate di acqua (mischiata a prodotti chimici) per poter perpetrare un modello di sport insostenibile.
La prima sosta è di fronte ai cancelli del cantiere. Lo Scalo Romano diventa “Squalo Romano”, ribadendo il ruolo predatorio che le operazioni di gentrificazione hanno sui quartieri. Il panorama urbano, già dominato dalla scatola d’oro di Fondazione Prada, diventerà appannaggio di una minoranza privilegiata, escludendo tutti coloro che non riusciranno ad adeguarsi a un inevitabile aumento del costo della vita.
Sovrastati da mega cartelloni di agenzie immobiliari, viviamo poi la distopia dell’area Symbiosis, il community district dove non vi è traccia di “community”, ma solo di cattedrali di cemento che sembrano in battaglia con i testimoni edilizi di un’epoca in cui ancora si costruivano case di due piani.
Gli interventi e i cori che si susseguono durante il corteo mostrano il lavoro che è stato necessario per connettere i comitati cittadini, montani e quelli che fanno da collante tra i due contesti. La convergenza testimonia i differenti livelli su cui opera la speculazione in occasione dei grandi eventi e nella realizzazione di grandi opere. Cinque cerchi olimpici ospitano le parole: greenwashing, privatizzazione, sfratto, cementificazione, gentrificazione. A rappresentare la loro connessione e matrice comune, in questo caso, sono le Olimpiadi, ma in altre occasioni la Tav, la Pedemontana o il progetto di trasformazione di piazzale Loreto.
Il passaggio tra via Mincio e via Bessarione, di fronte a una delle ultime piscine comunali, è l’opportunità per ricordare l’approccio dell’amministrazione allo sport pubblico. Delle diciotto piscine che servivano la popolazione, ben dodici sono ora in mano ai privati, mentre le restanti, senza un’adeguata manutenzione, si degradano in vista di una futura consegna in gestione ad aziende che le riempiranno di opportunità di consumo, marginalizzando il valore comunitario dello sport.
Ci avviciniamo alla fine del corteo, in piazzale Corvetto. Gli ultimi interventi ribadiscono come i soldi destinati alle Olimpiadi potrebbero essere usati per agire su una crisi abitativa che lascia al momento duecentomila persone in attesa di un alloggio popolare. Un migliaio di “cuori in lotta, oggi un po’ bagnati” hanno attraversato le vie di una delle zone simbolo della speculazione immobiliare, con l’intento di aprire un percorso che si amplierà nei prossimi due anni convocando nuove mobilitazioni e rinforzando una rete che va dalla montagna alla città. Per ribadire la necessità di una sola grande opera: casa e reddito per tutti e tutte. (matteo pugi)
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