da: Dinamo Press
Attraversando al tramonto il ponte che collega le due parti di via Tiburtina, è difficile non farsi catturare dall’immagine luminosa della stazione che si riflette sul gigantesco palazzo di vetro della nuova sede del gruppo bancario BNP Paribas: settantacinquemila metri quadrati e dodici piani – come recita orgogliosamente il sito di BNP – e un nome che non promette nulla di buono: “Orizzonte Europa”. Il palazzo di specchi di BNP sembra l’emblema di un nuovo modo di concepire la trasformazione del territorio urbano, in cui il rapporto fra superficie riflettente e oggetto riflesso viene però invertito: sono le città a trasformarsi sempre più a immagine e somiglianza degli interessi di banche e grandi gruppi privati. Sono il territorio urbano e la vita di chi lo abita a doversi progressivamente modificare secondo logiche di mercato e nuovi modelli di sviluppo capitalistico. Ma partiamo dall’inizio.
«È un investimento sul futuro della nostra capitale», così il premier Paolo Gentiloni ha inaugurato a luglio l’apertura del nuovo quartier generale del colosso bancario francese, descrivendo il progetto come una grande opportunità per Roma. In effetti, leggendo la presentazione del progetto, elaborato dallo studio di architettura 5+1AA, si capisce che è la stessa BNL (il ramo italiano del gruppo francese BNP) a voler porre l’accento sui benefici che l’apertura di questa sede dovrebbe portare alla città. Vale la pena riportarne l’inizio:
“BNP Paribas Real Estate ha raccolto l’invito di BNL a realizzare la nuova sede in Roma, culmine e motore di un progetto di valorizzazione del patrimonio immobiliare della banca che coinvolge le principali sedi direzionali posizionate nel centro della capitale. BNL e BNP Paribas Real Estate hanno collaborato al fine di definire uno space budget volto raccogliere le esigenze funzionali nascenti dall’accentramento delle funzioni direzionali in un unico headquarter. […] L’analisi di mercato svolta ha individuato, tra le varie alternative disponibili, l’area di Tiburtina, di proprietà di RFI (Gruppo Ferrovie dello Stato) caratterizzata da una forte infrastrutturazione viabilistica e di trasporto pubblico e sulla quale convergono l’Alta Velocità di FS, la metropolitana, i collegamenti veloci con Fiumicino Aeroporto, molteplici linee urbane su gomma […] La realizzazione del progetto Roma Tiburtina trasformerà un ampio territorio nel quadrante est della città di Roma con notevoli benefici in termini di trasporto, ambiente e qualità della vita. Riqualificazione urbana, miglioramento della viabilità, potenziamento dei servizi al cittadino e dell’accoglienza turistica nel territorio circostante sono gli obiettivi del progetto che porterà con sé nuove strade, parcheggi, piazze, servizi pubblici parchi e piste ciclabili”.
A una prima lettura un programma del genere potrebbe suonare più che positivo, specialmente se riferito a un quadrante, come quello di Tiburtina, che da anni vive seri problemi legati all’utilizzo delle aree verdi e degli spazi abbandonati. Tuttavia basta qualche semplice ricerca su internet, o aver vissuto per un po’ di tempo in questo quartiere, per accorgersi della reale natura di questa operazione. Utilizzando l’espressione “riqualificazione urbana” BNP, al pari di altri grandi investitori privati in Italia e in Europa, sta mascherando un nuovo modello di sviluppo urbanistico basato sullo spossessamento del patrimonio pubblico e sulla capacità di trarne ulteriore profitto attraverso il suo inserimento nei mercati finanziari. Un processo in cui l’affermarsi del predominio del privato si accompagna a fenomeni di esclusione sociale su larga scala.
L’orizzonte Europa di BNP
BNP Paribas Real Estate, il ramo del gruppo bancario che opera nel mercato immobiliare in tutta Europa, conta un ricavato di oltre settecentoquaranta milioni di euro, investimenti e assets per venticinque miliardi e un volume d’affari nel settore commerciale e residenziale di oltre due miliardi.
Una recente inchiesta di The Guardian mette in luce il ruolo decisivo svolto da questa azienda a Londra nel produrre, su commissioni di grandi privati o dei Council locali, studi di fattibilità di progetti di sviluppo urbanistico che rappresentano un lasciapassare decisivo per l’avvio di operazioni immobiliari che, con la scusa di doverne sostenere i costi elevati, stanno portando alle stelle i prezzi di vendita e di affitto del settore immobiliare privato, riducendo drasticamente al contempo il numero degli immobili disponibili da destinare all’edilizia popolare.
Progetti residenziali come quello dell’Hexagon a Londra (solo per citarne uno) riassumono efficacemente nella loro dimensione immediatamente fisica gli obiettivi e il modo di operare di questo tipo di attori privati: a Covent Garden, quartiere storico di Londra, nel cuore della City, una vecchia torre di uffici della British Telecom risalente agli anni Sessanta viene acquistata da BNP Real Estate e riconvertita in un grande complesso residenziale di appartamenti di lusso del valore di milioni di euro ognuno.
A Parigi, in seguito alla vincita nel 2014 di un concorso pubblico intitolato Réinventer Paris, BNP Real Estate sta realizzando un complesso immobiliare dalla superficie di ventimila mq. che sarà sede di uffici per grandi imprese e start-up emergenti, oltre che di settanta appartamenti privati (a cui dovrebbero aggiungersi “una trentina di alloggi popolari”, non meglio specificati). Il progetto di Ternes-Villiers, si legge nella presentazione di BNP, “si basa sulla necessità di riqualificare il quartiere della Port Maillot”, nel diciassettesimo arrondissement. Il complesso si organizza “intorno a un giardino che si apre sulla cappella di Notre-Dame-de-Compassion (chiesa risalente al 1843, n.d.a), creando così un quartiere pacificato”. La Cappella, piccolo pezzo del patrimonio storico della città, benedice così il trionfo del capitalismo immobiliare.
Nella sezione “Developing” del sito di BNP Real Estate si trova un elenco, che vuole essere un biglietto da visita, dei progetti più importanti realizzati dal gruppo bancario in Europa. Fra questi, insieme ai due citati sopra, spicca l’immagine del palazzo di vetro della nuova sede di BNL a Roma.
Se ancora non è possibile prevedere con precisione in che modo cambierà l’area intorno al complesso di Orizzonte Europa, un dato emerge già in maniera evidente nelle modalità di acquisizione del lotto in cui è stata costruita la nuova sede: è l’esclusione completa dei cittadini dal processo decisionale che sta dietro la realizzazione di un progetto che coinvolge un intero quadrante della città di Roma.
Il comune fa cassa regalando edificabilità alle banche
Il palazzo è stato edificato su un’area di settantatremila mq che Ferrovie dello Stato ha venduto nel 2011 a BNP Real Estate, e il cui ricavato è servito alla società ferroviaria per “coprire economicamente in autofinanziamento la prima tranche degli interventi realizzati per la nuova Stazione AV”. Come se la vendita di un terreno appartenente a una società partecipata (quindi almeno per metà ancora pubblica) a una delle più grandi banche d’investimento d’Europa possa essere considerata una forma di autofinanziamento neutra (per la quale è sufficiente semplicemente informare i cittadini a vendita già avvenuta) e non interroghi invece in profondità il modello di gestione del patrimonio pubblico di Roma. Come si legge in un comunicato del 2011 pubblicato sul sito di FS, il lotto è parte di un’area di novantadue ettari, che per due terzi è di proprietà di Ferrovie dello Stato e per un terzo di Roma Capitale. Di circa novanta ettari è proprio la dimensione del progetto di “riqualificazione” del quadrante, che andrebbe a coinvolgere una grossa porzione del quartiere di Pietralata. Non si hanno ancora certezze sull’entità effettiva dell’operazione di BNP Paribas ma in questo stesso comunicato viene annunciato che “il Piano di promozione edilizia di FS Italiane, nell’ambito del Piano urbanistico di Roma Capitale proseguirà con la vendita dei restanti centodieci mila mq. di capacità edificatoria suddivisi in cinque lotti”». Un annuncio che porta senza dubbio a interrogarsi sui possibili scenari futuri di trasformazione urbana in quest’area della città. (mushrooms project – continua a leggere)
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