«Lo sappiamo da vent’anni. Abbiamo iniziato una lotta difficile. Spingiamo per la creazione di un comitato popolare». Sono le parole che sentiamo al nostro arrivo. Al Parco dei diritti dei bambini di Santa Maria Capua Vetere sono da poco passate le 18 ma sembra notte fonda. È sabato e le strade nei dintorni iniziano a riempirsi di auto. Intorno a noi un centro scommesse affollato, l’autoscontro e un negozio di prodotti biologici che espone il poster di una manifestazione organizzata il 28 ottobre a Pignataro Maggiore contro la costruzione di nuovi impianti nell’Agro Caleno. Le raffiche di vento smuovono gli alberi e gonfiano uno striscione appeso per l’occasione: “Stop roghi! Costruiamo opposizione popolare”. In cerchio, seduti sulle panchine e in piedi, un centinaio di persone partecipa all’assemblea pubblica contro i roghi tossici, in seguito all’ennesimo incendio degli ultimi mesi al confine tra le province di Napoli e Caserta. Nella notte del primo novembre sono andati a fuoco circa settemila metri cubi di rifiuti indifferenziati nello Stir di Santa Maria pronti per essere inviati all’inceneritore di Acerra.
Al microfono si avvicendano le voci dei vari comitati provenienti da ogni parte della provincia di Caserta e non solo. Si ribadiscono parole d’ordine note a chi lotta da anni per le questioni ambientali in Campania. Un attivista al microfono sostiene che i roghi servono per fare pressione e creare le condizioni per costruire nuovi impianti. Un giovane del centro sociale Mille Piani di Caserta chiede bonifiche immediate, dice che c’è gente che «scappa a Milano per curarsi». Proprio a Milano, pensiamo, dove qualche settimana fa il fumo acre dell’ennesimo incendio di rifiuti – il diciassettesimo dall’inizio dell’anno in Lombardia – ha raggiunto i quartieri del centro fino a rendere l’aria irrespirabile.
Arianna, del Comitato No Inceneritore di Giugliano, dice che bisogna analizzare gli errori commessi in passato dai comitati, poi aggiunge: «Ogni volta che si propone un impianto è preceduto dai roghi». Il riferimento è a due nuovi impianti per il trattamento dei rifiuti previsti a Pignataro, uno per la frazione umida e l’altro per rifiuti tossici e pericolosi. «Prima c’erano i Cip – continua –, ora parlano di impianti alternativi agli inceneritori e di nuovi incentivi». Si tratterebbe di impianti di trattamento dei fanghi, della frazione umida e di trattamento anaerobico. «Il problema non sono gli impianti – conclude – ma come vengono gestiti».
Pietro del Comitato Mai più Ilside di Bellona racconta della lotta in corso da mesi per la messa in sicurezza del sito di stoccaggio privato dove avvenne un incendio di rifiuti speciali nel luglio 2017: «Sedici mesi per una cosa che andrebbe fatta entro quarantotto ore, i residenti tuttora convivono con fumarole tossiche». Ricorda come la regione Campania a marzo si sia accorta della necessità di revocare la concessione a una società ormai fallita. Poi avanza alcune ipotesi sull’incendio dello Stir di Santa Maria: «È un impianto pubblico molto controllato, è difficile che ci sia stata autocombustione, per di più in una notte di pioggia. È una piattaforma di transizione dove i rifiuti vengono vagliati e mandati all’inceneritore di Acerra. Sono andati a fuoco cinque impianti di trattamento di rifiuti in un mese e mezzo da queste parti. È una strategia terroristica trasversale ai territori, e allora anche la lotta deve essere trasversale». Lo scorso 28 ottobre nonostante la pioggia un corteo di circa mille persone è partito da Pignataro per opporsi alla realizzazione dei nuovi impianti e rilanciare sulla bonifica dei siti inquinati: «Abbiamo spezzato la Casilina, che passa a pochi chilometri dalla ex Pozzi, la discarica più grande d’Europa».
Irene di Marcianise invece invoca il solito esercito ma un attivista di Aversa la contesta e prende il microfono. Il suo intervento è un crescendo col botto finale: «Noi vogliamo il riciclaggio virtuoso dei rifiuti, impianti non li vogliamo, non vogliamo che il privato tratti immondizia, vogliamo le bonifiche, serve una mobilitazione sotto gli uffici di De Luca. Io sono uno di quelli che gli è andato a buttare la munnezza in faccia a De Luca, quando è venuta fuori la storia di suo figlio. E sono pronto a tornare e ripetergli: De Luca, si ‘na lota!». Applausi a scena aperta.
Tra un intervento conclusivo sulla possibilità di farsi carico della sfida «in questa città-dormitorio» e lo sconforto di una ex consigliera comunale del Movimento 5 Stelle che «ci crede poco ma ci vuole ancora credere», l’assemblea a Santa Maria si conclude e alcune riflessioni ad alta voce emergono mentre il cerchio si scioglie. Sembra di sentire sempre le stesse parole da vent’anni, eppure il vocabolario si aggiorna, le strategie si trasformano e le iniziative si sommano, attivandosi ogni qualvolta un episodio – un disastro – mostra l’immagine reale del territorio, al di là dei confini amministrativi. Gli errori forse si ripetono ma il patrimonio di conoscenze cresce e viene trasmesso a chi sta iniziando a muoversi, già proiettato verso i prossimi appuntamenti di questa ennesima mobilitazione: 6 novembre assemblea a Santa Maria, 10 novembre corteo a Marcianise e assemblea a Giugliano, 13 novembre contestazione a San Nicola La Strada in occasione della prima Conferenza dei servizi per l’impianto di compostaggio a Pignataro. Infine, il 25 novembre, a cinque anni da quella manifestazione che attraversò Napoli sotto la pioggia battente, è prevista un’assemblea a Pignataro che coinvolgerà tutti i comitati della provincia di Caserta e non solo, per ribadire l’urgenza e la necessità di un movimento permanente, capace di sintetizzare la molteplicità delle posizioni e di organizzare il conflitto nei mesi a venire. (gloria pessina/andrea bottalico)
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