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sanità
16 Luglio 2020

Un nuovo contributo al dibattito sulla psichiatria pubblica in Campania

Monitor
(disegno di ferraglia)

Proponiamo un ulteriore contributo al dibattito scaturito dopo la pubblicazione, il 9 luglio, dell’articolo Psichiatria in Campania. L’eredità tradita di Antonio Esposito. L’articolo che segue è firmato da Emilio Lupo, psichiatra e responsabile nazionale dell’organizzazione Psichiatria Democratica.

Vorrei fornire un mio breve contributo al dibattito sviluppatosi intorno all’attivazione della mega struttura psichiatrica di Arzano, partendo dai fatti e sperando che serva alla realizzazione di buone pratiche nell’interesse dei pazienti e delle loro famiglie. Non posso che apprezzare che finalmente la regione Campania torni a occuparsi della salute mentale e voglia continuare su questo percorso riattribuendo al pubblico una centralità che personalmente, come associazione e insieme ad altri, da decenni rivendichiamo, spesso inascoltati: la salute mentale deve essere pubblica. Ciò che non posso assolutamente condividere è il tipo di pubblico che si vuole promuovere, perché non gli slogan ma i fatti impongono un percorso ben diverso e più virtuoso. E i fatti dicono l’opposto di quello che si è voluto realizzare ad Arzano e si vuole continuare a realizzare, ci dicono che la buona pratica per la salute mentale richiede plurime strutture di piccole dimensioni, totalmente permeate dal e nel contesto in cui sono inserite.

In questa dimensione del concreto sarà perciò mia cura evitare di essere simmetrico a coloro che evitano di affrontare i seguenti temi, tentando di spostare altrove il confronto e quindi sottraendosi a queste due semplici domande. È terapeutica una struttura psichiatrica residenziale di duemila metri quadri dove si prevedono, contestualmente, ben quaranta posti letto e attività riabilitative/lavorative? Potrà una struttura così grande riuscire a garantire l’indispensabile e vitale osmosi con la popolazione circostante, collocata, come è quella di Arzano, in una zona industriale, su di un’area prospiciente uno stradone, attraversato da tir anche di  notte?

L’attento lettore non troverà, a oggi, alcuna risposta a queste domande, si  imbatterà in diversivi sulla difesa della scelta fatta, come quella sulla qualità del personale impiegato, che nessuno dei documenti delle associazioni e/o dichiarazioni ha mai messo in dubbio! Oppure, dando ragione ai contraddittori, rifugiandosi, malamente, nella affermazione che quei quaranta posti letto non verrebbero occupati “nella stessa sede fisica dai nostri pazienti psichiatrici” mentre nel comunicato ufficiale della Asl del 23 giugno u.s. si fa esplicito riferimento esattamente “ai quaranta ospiti della struttura…”. Evidentemente si è consapevoli che solo le innumerevoli positive esperienze di piccole dimensioni, maturate in questi anni nel paese, hanno potuto offrire concrete risposte di inclusione sociale e di contrasto a qualsivoglia forma di emarginazione perché inserite “nel tessuto vivo e minuto” del territorio.

Né alcuna adeguata risposta è stata fornita all’interrogativo di Antonio Esposito formulato su queste pagine, riguardo a “[…] quali obiettivi di risocializzazione perseguano gli ennesimi laboratori di ceramica e pittura, e  quali elementi di reinserimento abbia un laboratorio sartoriale senza chiare garanzie contrattuali e reddituali”. Ma ciò che più preoccupa è che, pur di difendere comunque la scelta fatta, si arrivi addirittura a sostenere che “urge una revisione critica e attenta della norma, senza rinunciare ai principi concepiti dalla riforma psichiatrica del 1978”. Parliamo di una delle leggi più innovative e significative dell’Italia repubblicana, la legge 180/78, che ha cambiato la vita di milioni di persone, restituendo loro, attraverso pratiche di liberazione, in tantissime realtà, una nuova dimensione dell’abitare, un lavoro e con esso l’autonomia dal bisogno economico.

Viene da chiedersi, inoltre, se l’annuncio fatto, sempre su queste pagine, riguardo la progettazione e l’apertura, nei prossimi mesi, di altre strutture sul territorio della Asl Napoli 2 nord, significherà suggellare da parte della stessa Asl la scelta del modello delle mega strutture, in stridente contrasto – come si diceva in precedenza – con le mille esperienze positive, di piccole dimensioni, sorte in tutto il paese. Ci auguriamo vivamente di no. Ci auguriamo che le risorse pubbliche vengano impegnate in buone pratiche, in interventi e strutture plurime in linea con la migliore psichiatria della liberazione e della inclusione. Infine, la direzione dell’azienda si è interrogata (non essendoci ovviamente pregiudizi di sorta da parte dei firmatari nei confronti della stessa) sul perché tante e importanti organizzazioni del paese (operatori, familiari di utenti, ma anche associazioni a difesa dei diritti dei lavoratori e dell’utenza, mondo dell’informazione…) si siano opposte all’unisono e immediatamente, e con tanta determinazione, a questa mega struttura e alla filosofia che la sottende. Auspichiamo che tutto questo possa essere affidato al confronto durante l’incontro con la direzione generale della Asl Napoli 2 nord, già avanzata la scorsa settimana dal movimento e che oggi si è provveduto a sollecitare, dove chiederemo che si fermi subito questo progetto e si avvii il percorso virtuoso che potrà dare lustro alla psichiatria pubblica in Campania. (emilio lupo)

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