Pomeriggio di sabato 5 ottobre, prefettura di Torino. Prefetto e sindaca siedono sornioni davanti a giornalisti e telecamere, raccontano orgogliosi le operazioni di sgombero del Balon degli straccivendoli, a Borgo Dora. Rassicurano la platea sull’improbabilità di ulteriori investimenti privati nell’area, annunciano un imminente intervento pubblico di riqualificazione di Canale Molassi e San Pietro in Vincoli: una nuova pavimentazione. La sindaca assicura il dialogo costante con il quartiere. Com’è accaduto quest’estate per lo sgombero dell’Ex-Moi, non si nasconde l’entusiasmo per la gestione pacifica dell’intervento: anche questa volta, dicono, non è stata utilizzata nessuna forma di violenza. Accompagna il discorso una gestualità sicura ed energica, rubata da qualche breviario della comunicazione pubblica: la sindaca sbatte ripetutamente le mani sul tavolo d’antiquariato in mezzo alla sala.
La sinergia tra politica e polizia nella città è diventata un modello da diffondere e istituzionalizzare, lo dimostra la presentazione di giovedì 3 ottobre del patto integrato di sicurezza tra comune di Torino, regione Piemonte, prefettura e “un alto numero di soggetti pubblici e privati tra i quali: l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), le forze di polizia, le circoscrizioni cittadine, scuola e università, la Camera di commercio, l’Unione industriali, l’Associazione bancaria italiana (Abi), le diverse categorie economico-produttive, le organizzazioni sindacali, il Coni, le fondazioni attive in progetti a tutela delle fasce ‘deboli’ della popolazione”. Le informazioni sul primo accordo in Italia tra sicurezza integrata e sviluppo sono facilmente reperibili sul sito del ministero dell’interno: sono previsti incentivi e detrazioni fiscali ai privati che attivano sistemi di videosorveglianza, inoltre si promette di intervenire sul decoro urbano e sull’inclusione sociale. Ogni circoscrizione attiverà dei tavoli di osservazione che “saranno ambiti di ascolto e confronto con i comitati civici, le scuole e le realtà sportive dei territori, con la funzione di monitorare la percezione della sicurezza, decomprimere le eventuali tensioni e segnalarle al comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, allo scopo di favorire la coesione sociale”. Come nella migliore tradizione siede al tavolo anche il vescovo Nosiglia.
Dopo lo sgombero del mercato i governanti della città rilasciano dichiarazioni dal tono evangelico: “La sicurezza non è solo repressione ma anche accompagnamento e stare vicino a chi è in difficoltà”. Avvicinandoci alla chiusura del quarto anno di mandato, quello dove si raccolgono i frutti, il Movimento Cinque Stelle si assume i meriti di questo atto di civiltà, secondo loro agognato da un quartiere intero. Il mercato, dicono, “non è stato uno strumento che ha portato all’autonomia di queste persone. Questa è la sfida: offrire un luogo di mercato più attrattivo, ma soprattutto dei percorsi nuovi”. Basta cambiare il punto di vista, e immergersi nel quartiere, per trovare un mondo diverso da quello descritto dalla retorica delle istituzioni.
Venerdì 4 ottobre, mattino. Dopo dieci mesi di resistenza degli straccivendoli, le aree di Canale Molassi e San Pietro in Vincoli vengono isolate di prima mattina. Manovali circondano la piazza di San Pietro in Vincoli – da vent’anni il centro del mercato dei poveri – con un muro di jersey di cemento, alti mezzo metro circa. Dodici camionette di carabinieri e polizia tutelano il confine. Il numero di funzionari delle forze dell’ordine aumenta verso mezzogiorno. Le operazioni sembrano quelle di una quarantena: solidali e straccivendoli monitorano la situazione e sono gradualmente accerchiati dall’avanzata delle divise. Una corona di vetture della municipale circonda il quartiere, evitando l’ingresso di auto e furgoni. Solo il traffico più denso del solito incuriosisce abitanti e avventori. L’associazione Vivibalon – ente istituzionale che da anni gestisce il mercato e che è stato citato numerose volte dalla sindaca come soggetto protagonista del dialogo – sta vendendo i biglietti per via Carcano, la zona designata dal Comune per accogliere gli straccivendoli, lontana a nord del fiume. Per incentivare il trasloco, il prezzo del biglietto è stato ridotto a tre euro: i primi venditori dopo mesi di lotte, disagi e intimidazioni hanno iniziato a rassegnarsi. Nelle settimane precedenti alcuni erano stati sanzionati per reati fantasiosi di abusivismo; le multe ammontavano a cinquemila euro, alcuni mezzi erano stati posti sotto sequestro.
La militarizzazione del quartiere non permette a nessuno di avvicinarsi, solidali e pochi mercatari si ritrovano nel pomeriggio davanti all’arsenale della pace, nell’area di quartiere ancora libera. Sono più di cento le persone riunite sotto gli alberi, mentre di fronte appare la scuola Holden dove istrionici studenti di storytelling si affacciano divertiti dal terrazzo. La speranza del presidio è quella di tenere libera la strada fino a tarda notte per permettere agli straccivendoli di piazzarsi il sabato mattina. Saranno divisi dal mercato degli antiquari – quello autorizzato – solo da un marciapiede.
L’atmosfera del presidio è allegra nonostante questo sia circondato da un cordone di sguardi controllori in borghese. Vengono appesi gli striscioni, acceso il fuoco, montati i tavoli su cui poggiare cibo, tè e birra, accesa la cassa che scalda l’atmosfera con play list di pregio. Nella notte le persone e i mezzi che tentano di avvicinarsi all’area in quarantena sono prontamente allontanati dalle forze dell’ordine. Un espositore resta bloccato con la merce vicino al Cottolengo, circondato dalle camionette; un gruppo esce dal presidio e lo aiuta a superare il muro di blindati e distintivi. Il tempo si dilata in una notte che ha il sapore dell’assurdo. Vediamo diversi venditori passare dal presidio, osservare la situazione e chiedersi pensierosi che fare: disporre le merci sul lungofiume, oppure cedere e raggiungere via Carcano?
Verso l’alba si piazzano di fronte alla Holden i mobilieri esiliati da San Pietro in Vincoli. È un segnale di speranza, ma presto scopriamo che i mobilieri – italiani, più forti e riconosciuti – hanno ottenuto un accordo con l’amministrazione e possono restare nel quartiere. Nella prima mattinata arrivano una ventina di straccivendoli che stendono lenzuola d’insubordinazione tra la strada che incrocia corso Giulio Cesare e il viale oltre il ponte di ferro. Il mercato dei marginali – anche se in forma ridotta – ha vita ancora al Balon, illegalmente come da dieci mesi a questa parte. Intanto a nord, in via Carcano, i venditori sono circa duecento.
Il sole premia la testardaggine delle ultime ventiquattro ore e permette di volantinare con temperature piacevoli durante il mercato del sabato, come sempre è un flusso continuo di incontri, chiacchiere e contrattazioni. Sommiamo le presenze dei mercanti resistenti al Balon e di quelli in via Carcano: tantissimi mancano all’appello, irreperibili e invisibili. La politica di pulizia sembra funzionare, l’obiettivo non è normalizzare le situazioni abusive ma disperdere e allontanare dalle aree in via di riqualificazione ciò che per il profitto è sporco, spiacevole, inutile. Ora i venditori possono scegliere una strada in mezzo al nulla ma concessa dalle istituzioni, oppure un posto migliore, ancora in Borgo Dora ma passibile di sanzione, denunce e controlli di documenti in un paese in cui essere regolare è ormai impossibile.
La lotta all’illegalità è un subdolo tentativo di disperdere povertà e malessere in aree dimenticate delle città, in quartieri lontani dal centro. Eppure un piccolo numero di mercanti ha mostrato di voler resistere, nonostante le barriere e i folti assembramenti di celere. Sono le braci dei fuochi di resistenza nati quest’inverno. Potranno le forze dell’ordine replicare nei prossimi mesi il controllo totale delle vie? E potrà attecchire il mercato istituzionale relegato in periferia? Non conosciamo la risposta, ma è necessario soffiare su queste braci. (ilaria magariello)
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