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21 Settembre 2019

Un’altra fine del mondo è possibile. False soluzioni alla crisi climatica

Monitor
(disegno di daniele nitti)

da: Crimethinc

Abbiamo finalmente raggiunto il consenso scientifico che il riscaldamento globale è il prodotto del capitalismo industriale, e che questo ha avuto conseguenze drammatiche per la vita sulla terra. I tentativi delle multinazionali di corrompere gli scienziati che sostengono altre posizioni stanno ottenendo sempre meno risultati; e questo è particolarmente significativo, se pensiamo a quanto i ricercatori dipendano dal sostegno dell’industria. Eppure, invece di affrontare l’evidenza che il capitalismo è distruttivo in sé, governi e ambientalisti liberali propongono risposte corporative alle conseguenze del cambio climatico.

Se davvero credessimo a quello che gli scienziati dicono del riscaldamento globale, ogni camion dei pompieri accenderebbe la sirena per correre verso la fabbrica più vicina e spegnere le sue fornaci. Ogni scolaro andrebbe a spegnere il termostato della sua classe e strapparlo via dal muro, poi correrebbe nel parcheggio della scuola a bucare le gomme a tutte le macchine. Ogni genitore responsabile si metterebbe i guanti di sicurezza e farebbe il giro dell’isolato per staccare le centraline elettriche da ogni condominio. Ogni benzinaio premerebbe il bottone di emergenza per spegnere le pompe, poi taglierebbe i tubi e metterebbe la colla sulla serratura; ogni compagnia petrolifera si organizzerebbe per rimettere di corsa il petrolio ancora non utilizzato dove l’ha  trovato – usando solo la forza dei muscoli.

Ma siamo troppo scollegati da quello che ci sta succedendo intorno. Finché sarà così, non avremo la forza di fermare niente.

Tutti coloro che hanno saputo della distruzione dell’ambiente dai libri o da internet non hanno alcuna speranza di salvare nulla. La distruzione della natura va avanti da secoli; bisogna avere una certa cecità borghese per guidare ogni giorno in un paesaggio di alberi abbattuti, ciminiere fumanti e ettari di asfalto, senza accorgersi che le cose vanno male, finché non lo si legge sui giornali. Le persone che credono che la realtà sia fatta di articoli di giornale, invece che del mondo che sentono, vedono e odorano intorno a loro, sono condannate a distruggere tutto quello che toccano. Questa alienazione è la radice del problema; la devastazione dell’ambiente non è che la sua conseguenza.

Se i margini di profitto sono più reali degli esseri viventi, se i parametri di misurazione del clima sono più reali dei rifugiati che fuggono dalle catastrofi, quando gli accordi internazionali sono più reali delle nuove costruzioni nel nostro quartiere, allora il mondo è già pronto al collasso. La crisi climatica non è un evento che potrebbe succedere in un orizzonte futuro; è il paesaggio familiare delle nostre vite quotidiane. La deforestazione non succede solo nei parchi nazionali o in giungle lontane; è reale anche in ogni centro commerciale dell’Ohio, esattamente come nel cuore dell’Amazzonia. I bisonti pascolavano proprio qui. La nostra disconnessione con la terra è catastrofica, indipendentemente da quanto si stiano innalzando gli oceani, o da quanto vicine siano la desertificazione e la carestia degli altri continenti.

Come sempre, coloro che ci hanno trascinato in questa crisi ora cercano di convincerci che sono i più adatti a porvi rimedio. Non c’è nessuna ragione di credere che i loro motivi e i loro metodi siano cambiati. Se il fumo provoca il cancro, loro cercheranno di venderci sigarette con meno catrame.

Dimentichiamoci dell’energia nucleare, di quella solare, del carbone pulito e delle pale eoliche. Del carbon trading, dei biocombustibili, dei programmi di riciclaggio, dei super-cibi biologici. Delle nuove leggi e di ogni altra risposta inefficiente e insufficiente che richiede voti, petizioni o qualunque altro surrogato. L’unica nostra speranza è lottare con le nostre mani, prendere posizione sulla terra che abbiamo sotto i piedi – e così riscoprire che siamo parte del mondo, non qualcosa di separato. Ogni volta che cercano di buttare giù un albero, possiamo fermarli. Ogni volta che vogliono versare un veleno nell’atmosfera, possiamo fermarli. Ogni volta che ci propongono una nuova tecnologia “sostenibile”,  possiamo smascherarli.

Non smetteranno di distruggere il pianeta finché non renderemo loro troppo caro farlo. Prima lo faremo, meglio sarà.

Appendice:  guida di campo alle false soluzioni

La soluzione corporativa

Dove alcuni vedono sofferenza e tragedie, gli imprenditori vedono opportunità di guadagno. Mettere il “verde” nei gas serra e il “bio” nell’economia, significa solo accogliere l’apocalisse col portafoglio pieno. I disastri naturali stanno decimando le comunità? Stupendo – vendiamo ai superstiti i mezzi di soccorso, e costruiamo nuovi palazzi residenziali lì dove abitavano. Il cibo è inquinato da prodotti tossici? Infiliamo la parola “biologico” da qualche parte, e facciamo salire il prezzo – quello che prima era considerato normale in ogni verdura, all’improvviso è diventato un punto di forza! La cultura del consumo sta divorando il pianeta? È il momento di una linea di prodotti eco-friendly, che speculano sulla colpa e sulle buone intenzioni. Finché la sostenibilità sarà un privilegio per ricchi, la crisi potrà solo aumentare. Tanto meglio per chi ci sta scommettendo sopra. 

La soluzione conservatrice

Molti conservatori negano che sia la nostra società a causare il cambiamento climatico. Molti di loro, in realtà, non credono ancora neanche all’evoluzione della specie; ma quello a cui credono loro è ininfluente, perché a loro interessa soprattutto cosa conviene che gli altri credano. Un esempio: quando il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) pubblicò il suo rapporto del 2007, un think-tank finanziato dalla Exxon e legato all’amministrazione Bush offrì diecimila dollari a qualunque scienziato che fosse riuscito a contestare le sue conclusioni. Come dire: alcuni considerano un investimento migliore corrompere esperti per negare che una cosa stia succedendo, piuttosto che prendere misure per evitare una catastrofe. Meglio che l’apocalisse ci colga inconsapevoli, così loro potranno continuare a fare profitto per un altro anno. Meglio la fine della vita sulla terra, che la possibilità di vita oltre il capitalismo!

La soluzione liberale

Alcuni benintenzionati vorrebbero prendersi il merito di aver portato il cambiamento climatico  alla  pubblica attenzione, anche se i radicali lo gridano a gran voce da decenni. Ma politici come Al Gore non stanno cercando di salvare l’ambiente, bensì le cause della sua distruzione. Stanno spingendo perché governi e multinazionali riconoscano la crisi, poiché il collasso ecologico farebbe cadere il capitalismo, se li cogliesse impreparati. Non sorprende che le soluzioni che propongono implicano sempre iniziative corporative e incentivi. Come i loro colleghi conservatori, i liberali preferirebbero l’estinzione piuttosto che abbandonare il capitalismo industriale. Ci hanno semplicemente investito troppo per fare altro: basta pensare al rapporto di lungo termine della famiglia Gore con la Occidental Petroleum. Per questo, il loro tentativo di prendere le redini del movimento ambientalista appare sospettosamente solo un tentativo calcolato di prevenire soluzioni più realiste.

La soluzione malthusiana

Alcuni attribuiscono la crisi alla sovrappopolazione. Ma quanti abitanti delle favelas e agricoltori di sussistenza bisogna mettere insieme, per uguagliare l’impatto climatico di solo un dirigente di alto livello?

La soluzione socialista

I socialisti hanno promesso per secoli che avrebbero garantito a tutti l’accesso agli standard di vita della classe media. Purtroppo, ora sappiamo che la biosfera non può sostenere neanche che una piccola parte dell’umanità mantenga quel livello di vita. Ci aspetteremmo che i socialisti riadattino la loro idea di utopia di conseguenza. Ma finora non hanno fatto altro che aggiornarla alle ultime mode borghesi: ogni lavoratore oggi merita di mangiare prodotti bio e di vivere  in un condominio “verde”. Questi prodotti però non sono altro che stratagemmi di marketing per distinguere le merci di alto livello da quelle che consumano i proletari. Se siete in grado di pensare così in grande da immaginare una società senza differenze di classe, potreste anche immaginare un futuro in cui condivideremo la ricchezza di un mondo naturale vivo, invece di farlo a pezzi e ridurlo a merci inerti.

La soluzione comunista

Marxismo, leninismo e maoismo sono serviti in pratica come mezzi per trascinare rapidamente i paesi “sottosviluppati” verso il capitalismo industriale, usando l’intervento dello stato per “modernizzare” popoli che mantenevano ancora una connessione con la terra, prima di abbandonarli senza troppe cerimonie ai margini del libero mercato. Oggi i partiti comunisti non vanno oltre rassicurazioni generiche di una nuova gestione che si prenderà cura di tutto. Sulle note di Solidarity forever, cantate: “Quando i lavoratori avranno le fabbriche, non ci sarà cambiamento climatico! Il fumo delle ciminiere diventerà nebbia innoffensiva…”.

La soluzione individuale

Un individuo o una comunità possono vivere una vita completamente “sostenibile” senza far nulla per ostacolare multinazionali e governi responsabili di gran parte della devastazione ambientale. Preoccuparsi di tenere le mani pulite – o “dare l’esempio”, ma un esempio che nessun capo di stato o speculatore seguirà mai – non serve a nulla mentre altri trasformano il pianeta in un deserto. Se volete dare un esempio migliore, fermateli.

La soluzione radicale

Troppi radicali reagiscono alla crisi con la disperazione, oppure con una specie di aspettativa completamente fuori luogo. Non c’è nessuna ragione di credere che l’esaurimento delle riserve petrolifere globali porrà fine al patriarcato, o al suprematismo bianco. È molto probabile invece che la gerarchia riuscirà ad attraversare il collasso ecologico, finché ci saranno persone disposte a dominare e a obbedire.

Porteremo fuori dall’apocalisse quello che ci porteremo dentro. Non possiamo aspettarci che nasca una società più libera, se non ne gettiamo le basi ora. Dimenticatevi dei piani di sopravvivenza individualisti che ti permetteranno di rimanere l’Ultima persona sulla Terra. L’uragano Kathrina lo ha dimostrato: quando colpisce la tempesta, la cosa più importante è essere parte di una comunità capace di difendersi. Gli sconvolgimenti che ci attendono potranno certo offrire una possibilità per un cambio sociale radicale; ma dobbiamo costruire una visione convincente, e avere la forza di porla in atto. Un’altra fine del mondo è possibile! (traduzione di stefano portelli)

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