Basterebbe un solo elemento per capire come la gestione italiana della pandemia sia radicalmente differente da quella del resto dei paesi europei. La direttiva UE che inaugura il dispositivo del green pass dichiara esplicitamente, all’articolo 36: “È necessario evitare la discriminazione diretta e indiretta di persone che non sono vaccinate, ad esempio per motivi medici, o perché non sono parte del gruppo a cui il vaccino per il Covid-19 è attualmente somministrato o permesso, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità, o perché hanno scelto di non vaccinarsi”.
La versione spagnola, come quella francese, tedesca, olandese, portoghese, greca, riflette quella originale. La versione italiana è l’unica in cui manca l’ultima frase, cioè il riferimento alle persone che hanno scelto di non vaccinarsi. Risulta difficile immaginare una svista del traduttore, quando l’intera campagna vaccinale italiana si basa sul panico morale verso i non vaccinati, e verso chi non ha aggiornato il proprio status all’ultima dose prescritta.
Durante le vacanze invernali sono passato per Barcellona, quando erano ancora in vigore le misure di distanziamento. È paradossale che la Catalogna abbia deciso di eliminare quasi tutte le restrizioni proprio questa settimana, quando in Italia entrerà in vigore la stretta repressiva più forte dall’inizio della pandemia. Un’amica che lavora come operatrice socio-sanitaria nelle residenze geriatriche mi ha raccontato il trauma dei primi mesi del 2020, quando migliaia di anziani furono rifiutati dagli ospedali e lasciati morire chiusi nelle loro stanze (sono il settanta per cento delle vittime Covid-19 di quell’anno, come hanno denunciato MSF e Amnesty). Le immagini dei camion pieni di cadaveri a Madrid sono vive nei loro ricordi come qui quelli di Bergamo. Eppure, le strategie di controllo della pandemia attuali sono molto diverse tra i due paesi, così come il tenore del dibattito pubblico. La più importante: nello stato spagnolo non si può né licenziare né sanzionare lavoratrici e lavoratori per aver rifiutato il vaccino. La mia amica non è vaccinata ma continua a lavorare regolarmente; la residenza paga tamponi a tutto il personale, ogni settimana per i vaccinati e ogni due giorni per i non vaccinati. «Tra l’altro – aggiunge – il mio datore di lavoro non avrebbe neanche il diritto di chiedermi il mio status vaccinale. È un’informazione privata». Fantascienza, per chi viene dal nostro “tutti i problemi sono colpa dei no-vax”.
In Spagna, nonostante la gestione dei primi mesi di pandemia sia stata molto più aggressiva che in Italia – con l’esercito nelle strade e l’uso sistematico della Legge bavaglio – la polarizzazione indotta nella popolazione mi sembra ora molto meno drammatica che in Italia. Sicuramente aiuta il fatto che la questione vaccinale non è stata usata per rafforzare divisioni politiche preesistenti – in Italia la scelta vaccinale è stata presentata arbitrariamente come scelta tra fascismo e antifascismo, negli Stati Uniti come scelta pro o contro Trump, nel Regno Unito ha ricalcato la divisione pro e anti-Brexit, come spiega Paul Kingsnorth. Nello stato spagnolo, né la divisione tra destra e sinistra, né quella tra indipendentisti e unionisti riflettono posizioni nette sulla vaccinazione e sul green pass. Sebbene a Madrid ci siano state manifestazioni neo-nazi anti-vaccini, è stato il ministero della salute del Partito socialista a rifiutare il green pass a livello statale. L’amministrazione di destra a Madrid ha scelto una linea di apertura quasi completa, in stile “libertarian” americano, ma molte critiche alla gestione autoritaria della pandemia sono venute comunque dalla sinistra radicale, e alla manifestazione contro le misure sanitarie di domenica a Barcellona c’erano sicuramente contenuti discutibili, ma non l’estrema destra.
L’amministrazione indipendentista catalana, di sinistra, ha imposto misure più stringenti, anche se estremamente confuse (qui un video satirico); ma lo stesso ha fatto quella della Galizia, unionista e di destra. L’Audiencia Nacional, tribunale in mano alla parte più destrorsa dell’establishment, sta investigando sull’accanimento vaccinale, al centro anche delle critiche espresse da gruppi ecologisti e libertari della sinistra radicale catalana e basca. Il primo ministro Pedro Sánchez, socialista, è stato il primo leader europeo a menzionare la possibilità di trattare il Covid-19 come una malattia endemica e non come una pandemia. L’affermazione del primo ministro non ha cambiato le politiche, ma ha
Il rifiuto del governo spagnolo di introdurre un pase Covid si è basato sul rapporto di un comitato tecnico del ministero che dichiarava di non poter provare che la misura avrebbe ridotto i contagi. Sono state le amministrazioni regionali a introdurla localmente, ognuna per le sue ragioni, senza però mai presentare dati per giustificarla. Il green pass, comunque, è richiesto solo per accedere ai bar, ai ristoranti, alle palestre, agli eventi e alle residenze per anziani, e il tampone negativo continua a valere come permesso temporaneo. In tutto lo stato ci sono limiti alla socialità ricreativa: discoteche chiuse, accesso ridotto a ristoranti, bar, sale giochi, cinema, palestre, eccetera, anche se le percentuali di riempimento permesso al chiuso cambiano da regione a regione; in tutte le regioni è obbligatoria la mascherina negli spazi pubblici chiusi, ai concerti all’aperto, e ogni volta che non si possa mantenere un metro e mezzo di distanza. Durante le feste la Catalogna ha introdotto, oltre al discutibile obbligo di mascherina all’aperto (poco rispettato), anche un coprifuoco all’una di notte. I casi sono cresciuti lo stesso, toccando il picco di ottocentomila contagi su sette milioni di abitanti; e a metà gennaio il coprifuoco è stato tolto.
Nonostante un’applicazione quasi blanda rispetto a quella italiana, sin da prima che i passaporti sanitari entrassero in vigore, nella società civile si sono alzate numerose voci contrarie: una reazione molto diversa dal silenzio imbarazzante della sinistra in Italia (tardivamente rotto solo da Amnesty International). Anche in Spagna è evidente il naufragio della sinistra, soprattutto quella istituzionale, rispetto alla gestione pandemica; ma non c’è stato bisogno di attendere un indurimento della normativa per sentire le reazioni critiche di collettivi, movimenti sociali, sindacati, associazioni di medici, contro la violazione dei diritti e della privacy che implicano gli strumenti digitali di controllo dello status vaccinale. A inizio novembre, appena l’amministrazione regionale catalana ha introdotto il tracciamento delle vaccinazioni nelle scuole pubbliche, la sezione educazione del sindacato libertario Cgt ha denunciato l’uso potenzialmente discriminatorio dell’accesso
Pochi giorni dopo, nel paese basco, il Lab, sindacato di riferimento della sinistra
Comunicati di questo tipo, raccolte firme, denunce pubbliche e lettere aperte per una gestione non autoritaria della pandemia sono arrivate a decine, da settori sociali molto diversi, negli ultimi mesi del 2021. A novembre un gruppo di accademici ed esperti in salute pubblica, tra cui la deputata comunista Ángeles Maestro (medica, formata a Cuba), ha raccolto ventimila firme in calce a un manifesto per una “uscita ragionevole dalla crisi del Covid”, contro “l’approccio riduzionista basato solo sulla vaccinazione” e su misure come il green pass, che “non hanno base scientifica né giustificazione sanitaria, ma attentano ai diritti fondamentali e hanno aperto tendenze molto pericolose per lo sviluppo democratico ed ecologico delle società contemporanee”.
Quasi contemporaneamente, un gruppo di circa cinquanta associazioni ecologiste, agricole, antimilitariste, reti di autoconsumo e collettivi in difesa della sanità pubblica soprattutto da
Ma soprattutto, a fine dicembre il consiglio di redazione della rivista della Società Spagnola di Medicina di Famiglia e Comunitaria – a cui aderiscono decina di migliaia di medici in tutto lo stato – ha pubblicato un editoriale in cui chiedeva al governo di concentrarsi sulla tutela delle persone fragili, invece di tentare di fermare la diffusione del virus con la vaccinazione di massa. A inizio gennaio un gruppo di settanta medici e pediatri ha scritto alla ministra della sanità, chiedendo di smettere di vaccinare bambini e bambine, in nome del principio ippocratico di precauzione. La lettera si chiude con una postilla sorprendente: “Rivendichiamo il pensiero critico, informato e indipendente, e denunciamo il pericolo e la possibile perversione che si nasconde dietro l’idea che dobbiamo delegare le nostre vite alla decisione degli ‘esperti’”. La chiusa è
La situazione sociale e politica nello stato spagnolo è tutt’altro che rosea. Una fuga di notizie ha fatto supporre che i servizi segreti spagnoli abbiano consapevolmente lasciato che un’organizzazione islamista provocasse quindici morti in un attentato sulla Rambla ad agosto 2017, per far aumentare l’insicurezza e la tensione contro le rivendicazioni indipendentiste catalane che stavano per esplodere. Le nuove sinistre di Podemos e Comuns, oltre ad aver mostrato scarsissima maturità politica di fronte alle rivelazioni di questa “strategia della tensione”, sono al centro di un’ennesima controversia: la sindaca di Barcellona Ada Colau ha rifiutato di dimettersi, come esige il codice etico del suo stesso partito, dopo un’imputazione per favoritismo negli appalti pubblici. La Generalitat catalana intanto cerca di mostrare la mano dura, arrivando all’estremo di sciogliere la commissione che doveva studiare gli abusi e le violenze istituzionali durante il confinamento. La scena politica è tesa, la pandemia ha traumatizzato la popolazione e i vari governi hanno amplificato la paura per loro convenienza politica, come in Italia. Ma il trauma non ha azzerato il pensiero critico organizzato, come sembra sia avvenuto da noi. La popolazione non ha subito il bombardamento mediatico e legislativo esplicitamente mirato a rendere impossibile la vita al settore di popolazione non vaccinato; eppure, la campagna vaccinale è andata meglio che in Italia. Con l’87% di vaccinati (84% con ciclo completo), la Spagna è il paese più vaccinato d’Europa, insieme al Portogallo. Il servizio sanitario spagnolo è peggiore, più privatizzato e ancora più definanziato di quello italiano, e la media di casi giornalieri è simile a quella italiana; i morti, però, sono la metà (0,26 su 100.000, contro 0,50 in Italia).
Insomma, è evidente che misure come il green pass, il green pass rafforzato, l’obbligo vaccinale e la segregazione nell’accesso ai trasporti
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