Nell’aprile 2023 a Torino è nato Resistenza Verde, un coordinamento che unisce vari comitati impegnati nella difesa del verde pubblico e nella lotta contro le speculazioni edilizie diffuse nella città. Fra i comitati che compongono il coordinamento ci sono: Essenon, nato per fermare la costruzione di un supermercato Esselunga nel parco Artiglieri da Montagna; Salviamo il Meisino, che si oppone alla realizzazione di una “cittadella dello sport” nel parco del Meisino; Salviamo la Pellerina, impegnato a fermare la costruzione di un ospedale su terreno permeabile; Salviamo i Prati, che ha evitato la cementificazione del prato nel quartiere Parella; il collettivo del centro sociale Prinz Eugen; il comitato No Tav – Torino e cintura; il comitato Acqua Pubblica; il comitato Salviamo gli Alberi di corso Belgio. Quest’ultimo si batte per preservare l’alberata di corso Belgio e, dal giugno 2023, ha istituito un presidio permanente. Per il comitato di corso Belgio abbiamo intervistato l’avvocata Virginia Cuffaro, anche membro del comitato Essenon.
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Ti chiederei di iniziare con la storia del comitato Salviamo gli alberi di corso Belgio. Come e quando è nato?
Il comitato è nato da un gruppo di persone che si conoscono da vari anni e si sono unite contro l’abbattimento dei bagolari di piazza Chieti e lungo Po Antonelli, nel 2016. Per impedirne l’abbattimento avevano cercato un dialogo col Comune e portato avanti varie azioni. Gli alberi, però, erano stati tagliati. Per evitare che una cosa del genere accadesse ancora in futuro si era creato un gruppo di abitanti del quartiere che si trovava periodicamente per parlare della tutela del verde.
Nel luglio 2022 è stata approvata una delibera che prevedeva l’abbattimento e la sostituzione integrale di tutti gli aceri presenti su corso Belgio e su corso Umbria. La decisione era stata comunicata dal Comune con alcuni manifesti non adeguatamente esplicativi. A gennaio hanno cominciato i lavori in corso Umbria. Gli abitanti che facevano parte del gruppo, vedendo l’abbattimento degli alberi, si sono spaventati e hanno cominciato a diffondere la voce in Resistenza Verde. Io sono venuta a conoscenza della questione perché se ne parlava nelle assemblee di Resistenza Verde e sono arrivata da loro perché cercavano la migliore soluzione per difendere il proprio diritto alla tutela dell’ambiente.
All’inizio i partecipanti erano una quindicina. Rispetto al nucleo originario si sono aggiunte molte persone residenti in corso Belgio o nei dintorni, preoccupate per l’abbattimento degli alberi. Così si è creato un un comitato abbastanza nutrito di cinquanta persone. Alle assemblee partecipano tra le trenta e le quaranta persone più o meno sempre, ma molta più gente frequenta il presidio: i presidi in difesa degli alberi hanno aumentato l’aggregazione.
Quali sono state le prime iniziative del comitato?
Come prima cosa, abbiamo richiesto al Comune di poter visionare ed estrarre copia delle schede VTA (Visual Tree Assessment). Queste ultime sono un sistema di valutazione degli alberi che, in base all’analisi visiva dell’albero, consente di comprendere se l’albero sia da abbattere. Da queste schede abbiamo realizzato che gli alberi da abbattere erano solo dieci. Ovviamente il comitato, se avesse appurato che gli alberi erano affetti da un parassita o che erano veramente a rischio crollo, non si sarebbe opposto. Vedendo che solo dieci erano gli alberi da abbattere, c’è stata un’indignazione crescente. A maggio 2023 abbiamo deciso di scrivere una diffida al Comune in cui si invitava a desistere dall’intento di abbattere gli alberi. In questa diffida abbiamo evidenziato le funzioni ecosistemiche ricoperte dagli alberi e la loro importanza per la tutela del diritto alla salute.
Quando avete iniziato ad avere contatti col Comune?
Tra fine maggio e inizio giugno Tresso, assessore comunale con delega al verde, ha tenuto due incontri pubblici. Nel secondo, che si è tenuto il 9 giugno, erano presenti sia Bertolotto, la dirigente del verde pubblico, sia Cirulli, l’agronomo che ha predisposto il progetto. In questi incontri è emerso che la volontà di abbattere gli alberi non era legata alla loro pericolosità o alla presenza di qualche malattia, ma a una serie di ragioni pratiche e ornamentali che spingevano alla sostituzione degli aceri con i peri cinesi. Ricordiamo che molti volantini e manifesti recitavano: “Corso Belgio si rifà il look!”.
Perché intendono sostituire le alberate attuali?
Pare che il pero cinese sia albero molto in voga ultimamente, perché molto gradevole dal punto di vista estetico in quanto fiorisce d’estate, come recitano i documenti ufficiali del progetto. Il problema è che il verde pubblico è considerato prevalentemente in base al suo valore ornamentale e invece dovrebbe essere considerato come un valore ambientale. Secondo il Comune, inoltre, i peri cinesi hanno bisogno di meno manutenzione rispetto agli aceri, poiché i rami crescono meno, essendo alberi in generale più piccoli, e quindi non interferirebbero con la linea del tram e non andrebbero a ridosso delle case. In un incontro ci è stata data la conferma che gli aceri non erano da abbattere perché morenti o cadenti, ma perché richiedevano più manutenzione.
A questi incontri c’era tanta, tanta gente, tanti residenti. Tra loro c’era anche un medico, membro del comitato, che ha esposto tutti gli effetti positivi degli alberi sulla salute. In particolare d’estate, gli alberi contribuiscono a rinfrescare la temperatura e, in un corso molto esposto al sole dove vivono tante persone anziane, il colpo di calore è un’importante causa di mortalità. Eppure il comune intendeva tagliare gli alberi, lasciare tutta l’estate scoperto corso Belgio e poi piantarli in autunno. Considerando quanto è stata calda l’estate scorsa, questo sarebbe stato molto rischioso. A questo Tresso ha risposto che avrebbero attivato un servizio di emergenza caldo più intenso, scatenando un certo scompiglio tra i partecipanti.
Nel descrivere il comitato mi dicevi che ciò che l’ha reso più unito e ha attirato nuove persone è stato il presidio. Questo presidio come e quando è nato?
Nello stesso periodo degli incontri pubblici erano apparsi dei cartelli su corso Belgio che dicevano che i lavori di abbattimento sarebbero iniziati pochi giorni dopo. I residenti, vedendo questi cartelli, si sono molto preoccupati e il giorno previsto per l’abbattimento erano lì in venti alle cinque del mattino a presidiare. Sono arrivate le ruspe, li hanno visti, son tornate indietro. La stessa situazione si è verificata il 12 giugno. In questa occasione c’erano molti più cittadini rispetto alla prima volta. Alcuni di loro si sono anche arrampicati sugli alberi e anche in questa occasione le ruspe sono andate via. Da quel giorno, più o meno, si è costituito un presidio permanente attivo giorno e notte e con i turni sempre coperti. I residenti e i cittadini affini alla causa ruotano sui turni del presidio, attivo tuttora.
Le motivazioni del Comune per abbattere gli alberi erano solide da un punto di vista scientifico?
Per rispondere a questa domanda ci siamo rivolti a degli agronomi. Dopo aver valutato lo stato di corso Belgio, ci hanno detto che gli alberi non erano da abbattere e ci hanno spiegato che un filare monospecifico è più a rischio, in quanto una sola specie di alberi è più esposta ai parassiti. Così abbiamo cominciato a studiare le funzioni ecosistemiche degli alberi, ovvero l’assorbimento e lo stoccaggio della CO2, la rimozione degli inquinanti e la capacità di creare ombra e conseguentemente contribuire al rinfrescamento dell’aria.
Dal sito del Comune, nella sezione in cui descrive il progetto di corso Belgio, si legge che il saldo sarà positivo perché verranno piantati più di duecentosessanta alberi e ne taglieranno duecentoquaranta e che le radici degli alberi attuali creano un problema per la strada, mentre i nuovi alberi non creeranno questo tipo di disagio.
Al momento ci sono molte piazzole vuote in cui potrebbero essere aggiunti degli alberi già adesso o ripiantati gradualmente. Ciò che si contesta è il taglio degli alberi in blocco, mentre noi suggeriamo che gli alberi in condizioni peggiori siano sostituiti con alberi sani, progressivamente. L’argomento relativo alle radici non è evidente. Se passeggi su corso Belgio, il cemento non è crivellato di spaccature provocate dalle radici. Questi alberi sono lì da decenni, così come il tram. Quindi, se fosse stato un problema così grave, bisogna ragionevolmente presumere che anche le giunte precedenti avrebbero tentato di risolverlo.
Quali sono gli effetti negativi del progetto?
Corso Belgio è un corso grande e trafficato e gli alberi, come dimostrano le fonti scientifiche, rimuovono gli inquinanti vicini alla fonte di inquinamento. Non si comprende come il Comune possa accettare di esporre un’intera parte della città, abitata da cittadini di cui molti anziani, ad un innalzamento elevato del PM10 per un periodo di tempo di almeno dieci anni.
Un’altra questione è quella delle isole di calore urbano. La letteratura scientifica ha dimostrato che, durante ondate di calore particolarmente forti, le persone anziane e i soggetti vulnerabili sono particolarmente a rischio e le donne hanno il doppio delle probabilità di morire rispetto agli uomini. Fra i partecipanti al comitato ci sono soggetti considerati fragili perché hanno più di sessant’anni: sono ipertesi o a rischio cardiovascolare. Oltre a questi soggetti fragili ci sono persone a rischio di diabete, anche loro più soggette ad un rischio di mortalità laddove vengano a contatto con temperature molto alte. Ciò che permette un abbassamento delle temperature è proprio la presenza degli alberi. Per dimostrarlo abbiamo eseguito un serie di rilevazioni, dalle quali è emerso come all’ombra la temperatura si abbassi di circa dieci, quindici gradi.
Come avete proceduto dopo la creazione del presidio?
Siccome il Comune non rispondeva alla diffida e continuavano ad esserci i cartelli dell’abbattimento, i cittadini erano molto preoccupati e mi chiedevano cosa fare. L’unica soluzione possibile pareva quella di intervenire con un ricorso civile d’urgenza, un ricorso cautelare in cui la richiesta è di sospendere l’attività che potrebbe causare un danno ad un diritto dell’uomo. In questo caso il diritto era quello alla salute. Un danno irreparabile, perché, ovviamente, gli alberi, una volta tagliati, non possono essere risistemati. Questo ricorso ha un doppio vantaggio: viene trattato in tempi brevi rispetto alle ordinarie lungaggini della giustizia italiana; sospende il procedimento. Qui non si richiede il risarcimento del danno (anche perché il danno non si è ancora verificato), ma la sospensione del progetto. Nel nostro caso i ricorrenti erano ventidue, tutti residenti in corso Belgio e nelle immediate vicinanze: le persone che sarebbero state più concretamente toccate dagli effetti negativi del progetto.
Come ha risposto il Comune al ricorso?
Il Comune si è costituito in giudizio sostenendo che le nostre preoccupazioni sulla salute fossero completamente infondate. Secondo il Comune, non si trattava di un danno alla salute, ma di un mero disagio temporaneo. Inoltre sosteneva che la giurisdizione non era del tribunale ordinario, ma del tribunale amministrativo.
Nel frattempo Tresso ha convocato i ricorrenti per un incontro il 9 di agosto, dopo che il ricorso era già stato depositato e notificato al Comune. Io pensavo che volessero parlarne e tentare di comporre in qualche modo il conflitto. Quindi chiedo al giudice di rinviare l’udienza, che doveva essere fissata per il 27 luglio e gli dico che il Comune ci vuole parlare e che potrebbe voler trattare. Il giudice mi accorda il rinvio, disponendolo al 13 settembre. All’incontro, il 9 agosto, non succede niente. Tresso continua a ripetere che il progetto è valido così come è strutturato. Per il Comune, ci eravamo preclusi ogni possibilità di dialogo perché avevamo fatto ricorso. In realtà la ricerca di dialogo era stata costante perché eravamo anche andati in commissione consiliare.
Com’è andata l’udienza il 13 settembre?
All’udienza si è tenuta la rituale discussione. Il Comune ha ripetuto quanto detto all’incontro del 9 agosto. La mia discussione si concentrava sui danni alla salute provocati dal taglio degli alberi. Ho sostenuto che noi non agivamo per l’annullamento dell’intera delibera, che prevedeva anche altre cose, come il rifacimento delle banchine, l’aggiunta di nuove panchine e la rimozione di barriere architettoniche. Noi chiedevamo di non fare quella specifica attività perché era lesiva del diritto alla salute. La giurisprudenza più recente ritiene che l’agire in giudizio per il risarcimento di un danno alla salute sia giurisdizione del giudice ordinario. Questo perché il diritto alla salute è un diritto incomprimibile della pubblica amministrazione: essa non può, anche agendo nell’esercizio di un potere, comprimere un diritto costituzionalmente protetto.
Il giudice ha rimandato la sua decisione. Ha deciso di disporre la CTU, la Consulenza Tecnica d’Ufficio, nominando un agronomo dell’università di agraria a cui è stato chiesto se il taglio degli alberi potesse effettivamente costituire un danno alla salute. La decisione del giudice è arrivata abbastanza inaspettata. Quel giorno, sotto il tribunale, c’era un presidio, anche in quell’occasione i cittadini si sono fatti sentire.
Quindi la decisione è stata rimandata?
Sì, a novembre sono iniziate le operazioni peritali. Il perito vuole vedere gli alberi, fare delle analisi strumentali oppure basarsi solo su dati precedentemente raccolti su software specifici, consultarsi con un professionista medico per capire se veramente c’è il danno alla salute. Il perito, prima di tutto, deve tentare la conciliazione: deve capire se le parti possono accordarsi per trovare un progetto che vada bene. Il Comune, davanti al giudice, si è rifiutato di trovare un accordo. Il Comune ha rifiutato da subito un compromesso.
Il 28 novembre, intanto, il giudice ha accolto l’istanza in cui si chiedeva l’estensione del quesito peritale. Ho quindi presentato un elenco dei servizi ecosistemici da valutare oltre alla CO2 e, nonostante l’opposizione del Comune, il giudice ha determinato che siano considerati i seguenti: la rimozione degli inquinanti, l’ombreggiatura e l’abbassamento della temperatura (rilevante per l’isola di calore urbana), anche in relazione all’età delle piante. A febbraio il perito emetterà la relazione finale e il giudice dovrà decidere. Fino ad allora il progetto rimane in sospeso.
Nel frattempo, comunque, gli alberi non possono essere toccati sino alla sentenza?
Esatto. E soprattutto abbiamo costruito una grande comunità, abbiamo preso tempo, abbiamo creato un presidio cittadino, il Comune ha forse dovuto rivedere alcune delle sue posizioni. Questo ci dà speranza, secondo me, nelle cause ambientaliste in generale
Per il Comune questo cosa comporta?
Una delle motivazioni che spingevano il comune ad agire così velocemente con il taglio degli alberi era la disponibilità di fondi europei Pon e React. Tuttavia, non avendo iniziato nei termini il progetto, questi fondi sono andati persi e quindi dovranno reperire altri fondi. Inoltre il Comune ha stabilito ufficialmente la sospensione del progetto perché si era verificata una condizione che non potevano prevedere: il presidio. La presenza di un presidio ha reso impossibile l’avvio del progetto senza ricorrere alla militarizzazione. Il Comune ha dovuto fermare il soggetto appaltatore: non potevano iniziare i lavori nonostante l’appalto fosse stato vinto. Questo è stato molto rilevante dal punto di vista del movimento, perché parrebbe che il Comune non voglia ricorrere alla forza per smuovere i presidianti.
A livello giuridico, se invece a maggio vi dessero ragione, si viene a creare un precedente importante al livello cittadino.
Anche al livello nazionale, perché è proprio una sentenza che stabilisce che il taglio di un albero costituisce un danno alla salute. (intervista a cura di francesca ru)
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