Il calcio è il primo comparto italiano a superare la recessione. Il liberismo alla Mino Raiola ha trascinato il futbol fuori dalle secche del fair play finanziario e dei prestiti gratuiti. Quella appena archiviata è stata una sessione di calciomercato magnetica, e non accadeva da un decennio. Per due mesi i sedicenti esperti hanno rincorso e rimbalzato notizie. Nei bar non si parlava d’altro. I siti internet e le tv non si sono risparmiate, dando credito a ogni possibile trattativa fino all’ufficiale naufragio, seguendo poi i calciatori “sfumati” anche all’approdo in squadre di cui non interessa nulla a nessuno. Titoli come “Ex obiettivi Napoli, l’esordio di Donati con il Mainz” hanno contribuito alla confusione. I più confusi erano proprio i giornalisti: alcuni si sfidavano a singolar tenzone pur di difendere la credibilità della propria fonte e delle proprie notizie. C’era chi giurava sulla permanenza di Higuain, chi sulla presenza di Cavani, chi sul trasloco di Icardi.
Al Napoli sono stati accostati trecento calciatori. Il dibattito si è arenato sulle enormi possibilità di spesa derivate dalla cessione di Higuain. Ci si interrogava sul valore dei calciatori trattati, invitando De Laurentiis a essere prudente dal suo yacht ormeggiato alle Eolie. Secondo gli emergenti tifosi/commercialisti bisogna soprattutto badare ai bilanci, a non strapagare un calciatore, a investire e fare business plan come suggeriva lo scacchista Benitez. A me resta un piccolo grande sogno: rivedere Napoli con il tricolore al petto. Lascio ad altri plusvalenze e clausole, il progetto stadio, il centro tecnico. E soprattutto i conti, visto che non posso – né possono – spendere i soldi del Napoli in prima persona.
I duecento milioni spesi per Higuain e Pogba hanno generato pathos tra giornalisti e tifosi. Si smaniava per individuare il nome del centravanti che avrebbe riportato il Napoli al livello della Juventus. Si aspettava il mediano in grado di far vincere la Champions League ai bianconeri. Nulla di questo è accaduto e quello che restava è diventato materia romanzesca vicariale. Farà da esempio l’ora finale di diretta di Sportitalia nell’ultimo giorno di mercato, con Criscitiello e Pedullà in conduzione e il vituperato Cilli in collegamento dalla porta dello Star Hotel di Milano.
In pochi minuti decine di nomi e destini appesi a un filo, la tensione sulle rughe di Alfredo Pedullà – considerato tra i massimi esperti di calciomercato al mondo. Scoppiava lo scandalo sull’ingaggio di Matias Fernandez, strappato dal Milan alla concorrenza del Cagliari. Pedullà chiedeva senza ottenere risposta: Nicastro andrà al Perugia? Il Palermo domandava Mokulu all’Avellino, ottenendo un secco rifiuto dal presidente Taccone. Zamparini puntava lo svincolato Bergessio che da ex del Catania declinava. Pedullà sudato chiedeva altre notizie su Nicastro, le cui carte non erano ancora arrivate nella sede del Perugia. Balotelli a Nizza: “Ultima chance!”, commentavano in studio. Criscitiello ordinava con modi bruschi il countdown alla regia. Qualcuno urlava: è possibile l’affare Witsel, si chiude in otto minuti! Si aspettavano le e-mail da San Pietroburgo. Le carte, i documenti, i timbri. Nicastro firmava per il Perugia. Finita! Cilli chiudeva la porta, Criscitiello lo dileggiava, qualche timido applauso. Prima della sigla si parlava delle meritate ferie.
Quel che resta del gran chiasso generato da queste commedie umane è un campionato che sembra già assegnato. La Juventus ha trentasei potenziali gol in più in avanti ma meno talento a centrocampo. La difesa della nazionale invecchia di un anno e le energie migliori sono riservate alla Coppa Campioni. Con i novanta milioni della clausola rescissoria il Napoli ha scelto di migliorare la squadra nel complesso invece di puntare sul colpo a effetto in attacco – anche se Milik affascina. Ora la mediana degli azzurri – con Allan, Jorginho, Hamsik, Rog, Diawara, Zielinski e anche Grassi, se tornerà – è potenzialmente una delle migliori d’Europa negli anni a venire. L’attacco resta sguarnito del suo messianico centravanti e fino a gennaio non ci saranno alternative agli esterni di difesa. La Roma è ancora stabilmente tra le prime tre del torneo ma i nuovi acquisti e la cessione di Pjanic lasciano troppi dubbi sulla tenuta mentale di una squadra fumantina. Tra le altre si segnala il Torino, che dovrà liberarsi della sindrome dei quarantacinque punti di Ventura e provare a fare qualcosa in più (e vincere almeno un derby) ora che ha un allenatore più coraggioso e qualche buon calciatore. Le due milanesi sono destinate a carburare in primavera, quando ormai i giochi saranno fatti. Gli spogliatoi di Milan e Inter sembrano camerini di prova di un outlet, dove le maglie vengono indossate e dismesse a gran velocità. Eppure saranno concessi altri mesi di prova a Kondogbia, perché l’Inter rischia di impoverire lo smorto Suning non sapendo a chi e come rivendere un giocatore – mediocre – pagato trentacinque milioni.
Sarà un campionato superbo se la difesa del Napoli eviterà le amnesie della scorsa stagione; se la Roma riuscirà a decomprimere le pressioni sulla squadra, se la Fiorentina avrà ambizione e se alcune squadre non s’ammorbidiranno di colpo a cospetto della Juventus. Il Genoa promette di giocare un buon torneo: Juric è un allenatore brillante e il Crotone nella scorsa stagione ne è la prova. Il Sassuolo confermerà le buone cose viste quest’anno, potendo contare sull’attaccante italiano più forte, Berardi. Per la salvezza corsa tra Udinese, Palermo, Crotone ed Empoli, con Udinese e Crotone favorite per la retrocessione. Se Ferrero allontanerà Giampaolo prima di Natale anche i blucerchiati si ritroveranno in fondo.
C’è poi la parte migliore del futbol: gli imprevisti. Quelli che nel dopo-partita vengono chiamati “episodi” e che decidono partite fatali e bellissime, e di rado anche campionati. Azioni e storie che sfuggono alla tattica e alle carte e riportano il calcio alla sua essenza ludica, quella indicata da Borges e Zeman. Una palombella, una finta di corpo, una punizione, una deviazione, un rigore guadagnato nell’unica azione offensiva, una difesa sfacciata e fortunosa, la carambola su azione d’angolo. L’attaccante sventurato che dedica il primo gol alla neonata, il mediano a fine carriera che risolve una gara con un fallo decisivo, la crudeltà di un campo fangoso per il fuoriclasse di cristallo. Per tutte queste cose, e anche se la Juventus dovesse vincere lo scudetto per altri dieci anni, il calcio resta il gioco più bello del mondo. Buon campionato. (el trinche carlovich)
Classifica prime dieci: Juventus, Napoli, Roma, Inter, Fiorentina, Milan, Torino, Sassuolo, Genoa e Pescara. E spero di sbagliare.
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