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13 Marzo 2018

Cariche e provocazioni. Una testimonianza dall’hotspot di Lampedusa

Monitor comunali, hotspot, lampedusa, migranti, polizia, sicilia, unhcr
(disegno di escif)
(disegno di escif)

Pubblichiamo a seguire una testimonianza raccolta da Borderline Sicilia rispetto a quanto sarebbe accaduto il 7 e 8 marzo all’interno dell’hotspot di Lampedusa.

Il problema è iniziato ieri quando un ragazzo per protesta ha mangiato una lametta e mentre soffriva e si lamentava la polizia lo picchiava. Un migrante ha fatto il video e la polizia ha iniziato a cercarlo per farglielo cancellare, scatenando una sorta di caccia all’uomo. Alcuni ragazzi per protesta hanno deciso di dormire fuori l’ufficio fino al rilascio del ragazzo. La mattina dopo nel centro si aggirava un poliziotto molto violento che li ha provocati tutta la giornata. Per esempio, durante la fila per mangiare li spingeva e picchiava con il manganello, senza motivo.

In seguito a queste provocazioni le persone sono andate all’ufficio dell’Unhcr per chiedere di parlare con il direttore al fine di far allontanare il poliziotto. L’unhcr ha provato a parlare con il direttore, ma non ci sono riusciti. A quel punto i ragazzi si sono riuniti e hanno deciso di andarci a parlare di persona per far allontanare il poliziotto e trovare una soluzione che li mettesse in sicurezza. Tensione molto alta e rabbia diffusa tra le persone. Uno dei migranti, padre di famiglia, ha detto al direttore: «Mi devi trovare una soluzione subito», sentendosi rispondere dallo stesso direttore: «A me manca una settimana e me ne vado. E in questa settimana nessuno si muove. Rimarrete qui per altro tempo: un mese, due, tre…». A quel punto, l’uomo ha risposto: «Va bene, questo lo vediamo con il prossimo direttore. Ora però ti chiediamo di parlare con la polizia e di dire di non trattarci male». Il direttore ha risposto che questo non è il suo lavoro.

A quel punto le persone sono tornate nella struttura dove dormono ed erano molto arrabbiate. Hanno deciso di lasciare il centro, visto che il direttore sostiene di non poterle aiutare e non è in grado di proteggerle e tutelarle. Hanno preparato i pochi vestiti che avevano e sono andati verso il cancello tutti insieme, chiedendo ai soldati di aprire la porta e dicendo che sarebbero andati via. Mentre questo gruppo parlava con la sicurezza, tre ragazzi sono rimasti indietro e hanno dato fuoco a una stanza.

Il gruppo all’ingresso vedeva il fuoco divampare da dietro, nelle ultime stanze della struttura. Si è creato panico e gli addetti alla sicurezza hanno tenuto i manganelli in mano, contribuendo a diffondere ancor più paura tra la gente che ha iniziato a correre da tutte le parti, mentre la polizia ha iniziato con cariche violente. Alcuni sono riusciti a uscire dal cancello principale, altri sono usciti dal buco e altri ancora sono rimasti bloccati in mezzo all’ingresso. Tra di loro c’erano le famiglie, di cui una con una bambina di otto anni che ha subito una violenta aggressione da parte della polizia, a seguito della quale è stata portata al pronto soccorso.

In seguito la polizia ha inseguito le persone che fuggivano fino alle colline circostanti e ha iniziato a fotografarle. Nel corso della serata sono state portate all’ospedale due donne e una bambina, per le ferite riportate.

Dalle informazioni in nostro possesso una sessantina delle centocinquanta persone trattenute nell’hotspot è richiedente asilo. La promessa di trasferimenti entro il 20 febbraio è stata disattesa ed era nell’aria quanto potesse accadere, come denunciato lo scorso fine mese dal forum Lampedusa solidale in una lettera inviata al prefetto di Agrigento. (borderline sicilia onlus)

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