Per tutti i mistici, la realtà terrena limita il nostro rapporto con ciò che è assoluto: ab solutus, per l’appunto ciò che è sciolto da qualsiasi vincolo. E quindi anche tutte le esperienze terrene e il nostro stesso corpo sono un limite per il raggiungimento di quanto non è visibile. Il bisogno dell’uomo di allontanarsi da se stesso per arrivare a essere dio o altro da sé è stato espresso in modo diverso in tutta la storia dell’uomo e in ogni angolo del mondo.
Cielo, 33 quaderni mistici è l’ultima mostra di Caroline Peyron, a cura di Rita Pastorelli, ospitata dal 30 settembre al 29 ottobre nel refettorio della Certosa di San Martino. Ogni quaderno è dedicato a un’opera della tradizione mistica. Da tempo Caroline Peyron è una presenza fondamentale nel panorama artistico partenopeo: nata in Francia, vive a Napoli dagli anni Ottanta. Sue mostre personali si sono tenute a Napoli presso l’Institut Français, la Biblioteca Nazionale, il Museo Archeologico Nazionale, il Museo civico di Castel Nuovo. In parallelo, si svolge la sua esperienza con gli atelier di pittura e i laboratori di disegno con bambini, ragazzi e adulti, presso scuole o istituzioni come il Museo di Capodimonte e l’Archeologico.
A questo punto bisognerebbe selezionare alcuni nomi esemplificativi ai quali l’artista ha dedicato un quaderno da lei realizzato in ogni parte, ma sarebbe un torto al lavoro di Caroline, che non ha semplicemente letto, analizzato e lavorato sui testi ma è diventata le parole e gli autori. Accostandoci al tavoli del refettorio incontriamo Hildegard von Bingen (Liber de operatione Dei), Teresa d’Avila (Il Castello interiore e Il libro della mia vita), Giovanni (L’apocalisse), Mechthild von Magdeburg (La luce fluente della Divinità), Juan de la Cruz (Noche oscura e Canto espiritual), Niccolò Cusano (De Icona-Prefatio), Agostino d’Ippona (Le confessioni), Madame Guyon (Scritti sulla vita interiore), Pseudo Dionigi l’Areopagita (Il libro della teologia mistica), Hadewijch di Anversa I e II (Libro delle Visioni, Poemi), Angela da Foligno (Il Libro delle mirabili visioni e consolazioni), Jacques Lacarriére (I padri del deserto), Ignazio di Loyola (Esercizi Spirituali e Il racconto del Pellegrino), Zohar, il Libro della Genesi, Il Cantico dei Cantici, brani dal nuovo testamento, Gustave Flaubert (La tentazione di Sant’Antonio), Fleur Jaeggy (La visitatrice), Pavel Florensky (Pavel), Etty Hillesum (Diari e Lettere), Thérèse de Lisieux (Storia di un’anima), Lao Tse (Tao Te Ching), Palladios, Jean-Joseph Surin, Blaise Pascal, Shitao (Discorsi sulla pittura del monaco Zucca Amara), Galal al-Din Rumi, Rashi (Commento al Cantico dei cantici), Edith Stein (Corrispondenza), Simone Weil (La pesantezza e la grazia), Meister Eckhart (Granum sinapis).
Caroline non realizza trentatré quaderni sui mistici o sulle loro opere: lei, attraverso lunghe ore di lettura, è diventata i testi mistici, che trasforma riscrivendoli in nuove visioni e in nuove parole. Negli occhi di Caroline non c’è contemplazione beatifica, un annullamento del suo io, un distacco dalla materia, un’esperienza senza tempo, ma, come in un paradosso di Borges, l’unione con l’assoluto avviene attraverso l’amore delle cose create. I tessuti che avvolgono le pagine, i ricami, le stoffe cucite, le carte pesanti su cui si seguono i tratti delle penne, dei pennelli, dei colori, il mescolarsi dell’acqua con le chine, e poi i collage, i fili di cotone che sospendono parole e ricuciono vuoti e strappi sono il contrario delle sofferte opere dei mistici.
La mistica di Caroline è riempire il vuoto dell’uomo e soddisfare il bisogno di assoluto con la bellezza della presenza dell’altro. È questo quello che insegna anche nei suoi laboratori. I quaderni e l’arte sono solo il tramite per questa operazione. Non è un caso che la mostra è ospitata nel refettorio della Certosa di San Martino, nel luogo dove per secoli i monaci si sono scambiati e hanno consumato il cibo. Non è un caso che i testi stampati su cui l’artista ha lavorato sono esposti su un ampio tavolo di legno; rivestiti di carta bianca sono impilati come blocchi di marmo. Non è un caso che il 24 ottobre proprio dalla Certosa ha preso avvio uno dei suoi laboratori di disegno per grandi e piccoli, “Il cielo da San Martino”, promosso dall’associazione Amici di Capodimonte. Non è un caso che giovedì 29, l’ultimo giorno per visitare la mostra (10-17), il nucleo artistico di Teatri 35 (www.teatri35.it) regalerà alle 17 a Caroline e al pubblico presente uno dei suoi tableaux vivants.
Con le opere di Caroline (che ritroviamo nel bel catalogo della Giannini editore), tutti i visitatori diventano scenari e protagonisti, attraverso la materia artistica, di un’avventura spirituale. (simone foresta)
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