Dicono che Genova vista dal mare sia bellissima, a noi di Genova però non capita spesso di vederla così perché per vederla dal mare bisogna partire o tornare. Ma dal corteo dentro al porto, da quello che era mare e che ora è banchina, Genova è davvero bellissima. Dopo tanti anni il protagonismo dei lavoratori e delle lavoratrici ha ripreso forza a Genova. Una grande manifestazione contro la guerra è riuscita a compattare buona parte della sinistra extra-parlamentare, da Usb a Insorgiamo, da Potere al Popolo agli anarchici.
Per la prima volta un corteo cittadino passa attraverso il porto, calpestando strade solitamente riservate a lavoratori, ma soprattutto a tir e container. Vederle percorse da migliaia di persone è stata un’emozione di cui sentivamo il bisogno. Dalla riappropriazione di uno spazio urbano “privato” alla ripresa di parola su argomenti vitali: il no alla guerra e al traffico di armi che costantemente transitano dai nostri porti; il rifiuto della logica dei blocchi tanto antica quanto attuale, che vede il nostro paese schiacciato sulla linea Nato; il richiamo alla pretesa di una vita degna, “abbassate le armi, alzate i salari!”, tante le testimonianze sulle condizioni di lavoro nel porto e non solo che hanno riportato le diverse sigle sindacali; la netta critica al 41bis e alle sue applicazioni nel nostro paese, molte le scritte che ricorderanno per molto tempo alla città ciò che sta accadendo in questi mesi all’anarchico Cospito.
Dal porto verso la città, questa è stata, dunque, la direzione intrapresa. Il corteo si è concentrato a varco Etiopia, l’accesso principale al porto, là dove quotidianamente le merci che arrivano via mare poi partono per le loro destinazioni, riempendo tir, intasando svincoli e percorrendo chilometri. Non un posto casuale, ma il varco-icona che unisce, ma più spesso divide, città e porto, nel cuore del quartiere di Sampierdarena, simbolo, con le sue trasformazioni urbanistiche degli ultimi secoli, del sacrificio offerto da città e cittadini sull’altare della grande economia e della logistica. E qua, mentre si aspettava che alla chetichella arrivassero tutte le varie sigle del sindacalismo di base, gli spazi sociali e le più svariate associazioni politiche, sono partiti i cori degli studenti, le canzoni antimilitariste e i primi interventi politici.
Per Genova e tutto il paese sono tempi difficili per il dissenso che si esprime in piazza, e senza l’autorevolezza del Calp, che da anni si spende per bloccare il commercio di armi in porto, sarebbe stato impossibile portare così tante persone nelle strade e sulle banchine. Il Collettivo autonomo lavoratori del porto, insieme a tante e tanti compagni genovesi, ormai da anni conduce una guerra senza quartiere alle navi che transitano da Genova portando armamenti ed esplosivi dal nord del mondo. Numerose sono state le mobilitazioni e gli scioperi per contrastare questo fenomeno e nello specifico il transito della tristemente famosa Bahri, nave container che porta morte fino in Yemen. Oggi la chiamata era nazionale, e la risposta è arrivata.
Per uscire dal porto e riguadagnare le strade cittadine, il corteo ha percorso una strada sopraelevata a Ponte dei Mille, riqualificata sulla scia della Genova capitale della Cultura, ma che i provvedimenti antiterrorismo dopo i fatti di Nizza hanno nuovamente chiuso ai cittadini. La promenade, arricchita da un arredo urbano ormai senza scopo, ha visto emergere dalle banchine una fiumana colorata, rumorosa, agguerrita. Entrare nuovamente in città in questo modo ha reso evidente come la componente di classe rivendicasse il suo spazio di protagonismo in questo mondo che pretende di risolvere i conflitti utilizzando le armi senza lasciare spazio alla diplomazia. Gli interventi che si sono succeduti hanno marcato con sempre maggiore forza la necessità di un accordo di pace che riesca a far tacere la armi degli imperi.
Lungo via Gramsci, larga arteria da sei corsie, il corteo ha iniziato a guardarsi. Quanti saremo? quattromila, ottomila? Beh, diciamo che se scrivessimo cinquemila non diremmo una cavolata. Chissà cosa scriveranno i quotidiani nazionali, si domanda qualcuno, ma subito affianco lo spezzone studentesco intona: “Il Pd non è qua, è con Confindustria / anzi no, fa di più, organizza i caschi blu!”. Abbiamo sentito parlare di diecimila persone presenti al corteo, non sappiamo se la cifra sia attendibile, quel che è certo è che abbiamo visto una nuova volontà di fare politica che passa dai sindacati e dal mondo del lavoro, che mette in evidenza le contraddizioni di un sistema portatore di miseria e distruzione. A noi piacciono i costruttori, di pace, di solidarietà e diritti. La manifestazione del 25 febbraio a Genova è stata questo, l’inizio di un percorso di lotta per la pace, per migliorare le condizioni di tutte le persone sfruttate e per un futuro più degno e solido per noi e per le future generazioni. Genova rincomincia dal porto. E dalle persone. (collettivo sale)
Leave a Reply