In un regno situato al di là del nostro mondo mortale esiste in Paradiso una Piccola Gaza, pacifica oasi preservata dai tormenti inflitti alla sua omologa terrestre. Immerse in un sole splendente ed eterno d’oro, e cullate dal dolce fruscio delle palme, le anime di coloro che perirono nella brutalità del genocidio trovarono lì il conforto di un rifugio di pace.
C’erano tra le abitanti e gli abitanti della Piccola Gaza innumerevoli anime: bambini innocenti il cui riso era stato troppo presto ridotto al silenzio, coraggiose e coraggiosi combattenti della libertà che avevano osato sfidare la tirannia, madri e padri resilienti che avevano protetto i loro cari dalla sofferenza, brillanti studenti e studentesse dai sogni infranti, giornalisti e medici impegnati che avevano valorosamente documentato e curato le ferite causate dalla guerra, così come poeti e poetesse, pensatori e pensatrici palestinesi riveriti per aver illuminato con la loro saggezza e la loro mente la via della resistenza.
Molti erano periti sotto le macerie delle loro case; alcuni erano stati giustiziati a sangue freddo. Taluni erano stati torturati fino alla morte mentre altri erano morti di fame. Malgrado i loro contesti differenti, tutte e tutti erano uniti dalla loro incrollabile lotta e determinazione.
Nel mezzo del loro sogno ad occhi aperti, le anime di Piccola Gaza si lanciavano in animate discussioni, ricordando le loro vite sulla Terra e condividendo le loro speranze per il futuro della Palestina. Questi ricordi collettivi e questi sogni condivisi le calmavano, ed esse trovavano insieme conforto mentre il dolce calore del Paradiso le avvolgeva.
«Io mi ricordo la risata dei bambini», sussurrava, con un sorriso pensieroso, un’anima dai tratti eterei. «Essi trovavano momenti di gioia anche nei tempi più bui!».
«E la potenza delle madri!», aggiungeva un’altra anima, la voce colma di ammirazione. «Mantenevano le loro famiglie con un coraggio che non conosceva alcun limite».
Tra le anime, quelle dei giornalisti evocavano le storie raccontate, le verità svelate e i rischi assunti per fare luce sulle sorti del loro popolo. «Noi siamo forse morti – dichiarava tristemente una – ma le nostre parole perdurano, attestando il potere della verità». I medici e le dottoresse manifestavano il loro assenso, ricordando le numerose vite salvate e come avevano fasciato una terra ferita. «Forse il nostro lavoro è stato interrotto – dicevano – ma la nostra eredità si perpetua nel cuore di coloro che abbiamo curato».
Le loro discussioni furono interrotte da un suono, come di fuochi d’artificio.
Chinandosi a guardare dal loro spazio paradisiaco, le anime di Piccola Gaza osservarono le scene di festa sulla Terra mentre le donne e gli uomini palestinesi celebravano la loro liberazione nazionale così duramente conquistata.
La scomparsa delle forze aeree nel cielo, il ritiro dei carri armati a terra, la caduta dei muri di separazione – tutti questi strumenti di divisione e di oppressione un tempo spaventosi – tutto questo riempie di lacrime di gioia gli occhi delle anime della Piccola Gaza. Per anni avevano aspirato a questo momento con tutto il loro essere, sognando il giorno in cui il loro popolo sarebbe stato liberato dalle catene dell’occupazione.
Osservando le celebrazioni che si svolgevano in lontananza in basso, le anime di Piccola Gaza provarono fierezza, un orgoglio venato di dolore. Esse non potevano più percorrere le strade della loro città o sentire il dolce calore del sole sulla pelle, ma sapevano che i loro spiriti erano collegati a questa terra che era stata la loro.
Anche da quel Paradiso appena raggiunto, le anime di Little Gaza rimanevano legate al destino del loro popolo sulla Terra. Avrebbero voluto tendere la mano ai loro cari e ai loro compagni, offrire loro conforto e gioia in quel momento di trionfo.
Spinte dalla resilienza delle loro controparti terrestri, concepirono un piano che permetteva loro di rivelare la loro presenza a coloro che ancora si battevano per la libertà.
Il poeta Refaat Alareer in testa, le anime di Little Gaza misero a punto una strategia geniale per connettersi ai loro concittadini palestinesi sulla Terra. Con il loro bianco sudario, macchiato del sangue delle loro lotte terrene, fecero degli aquiloni di tutta bellezza, ornati da papaveri rosso brillante che simboleggiavano la resilienza e la bellezza che il loro sacrificio aveva fatto fiorire. Questi splendidi aquiloni volarono, trasportati da un leggero abbraccio e tessendo intricati motivi nel cielo blu. Mentre gli aquiloni danzavano nello spazio, le anime di Little Gaza guardavano con il fiato sospeso, con il cuore pieno di speranza e desiderio. Sapevano che il loro messaggio sarebbe arrivato al loro popolo sulla Terra e lo avrebbe incoraggiato a continuare la lotta per la giustizia.
Vedendo le lacrime di gioia e la determinazione negli occhi dei loro compagni terreni, sapevano che il loro sacrificio non era stato vano. Alzando gli occhi dalla Terra, gli abitanti di Gaza rimasero stupefatti alla vista degli splendidi aquiloni che danzavano nel cielo. Furono presi dall’emozione nel prendere coscienza del significato di questo messaggio, ricordo dei sacrifici fatti per la loro libertà. Gli aquiloni, sostituendo i droni, divennero un simbolo di speranza e resilienza, e li incoraggiarono a continuare a lottare per la giustizia.
Nei giorni seguenti gli abitanti di Gaza accolsero i loro rifugiati e celebrarono la liberazione delle prigioniere e dei prigionieri politici. Le lacrime di gioia scorrevano liberamente mentre le famiglie si riunivano, e si sentiva nelle strade l’eco dei canti di libertà e di liberazione. Gli echi giunti del Paradiso ravvivarono la determinazione degli Gazavi. Essi sapevano che gli spiriti della Piccola Gaza erano al loro fianco e li guidavano sul cammino di un futuro migliore. Guardando verso il cielo, videro gli aquiloni volare di nuovo, ricordando loro che i loro sogni di libertà non sarebbero mai stati dimenticati. Forse le anime della Piccola Gaza avevano lasciato dietro di sé le prove e le tribolazioni di un’esistenza terrena, ma il loro spirito era vivo nel cuore del loro popolo, come la bussola di una lotta che proseguirà fino a quando la Palestina sarà veramente libera. (samah jabr / traduzione di marita prette, sensibili alle foglie)
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