da: StoriAmestre
La manifestazione del 26 maggio era stata annunciata come “pot-au-feu réchauffé” dopo il corteo del 5 maggio (“minestrone riscaldato”, lasciando intendere la convergenza dei diversi gruppi militanti per una seconda volta), ma poi è stata ribattezzata “marée populaire” (la marea popolare). Ferma restando l’idea di far convergere i vari movimenti sociali che si sono mobilitati negli ultimi mesi, questo evento è stato organizzato in contemporanea in molte città francesi, al contrario di quello che l’ha preceduto, che ha avuto luogo unicamente a Parigi.
L’organizzazione della manifestazione ha visto la convergenza di più di sessanta sigle tra partiti, associazioni e gruppi politici. Tra i partecipanti erano presenti ecologisti, attivisti per la Palestina, i ferrovieri, il personale medico, ONG, sindacati e organizzazioni studentesche. La manifestazione ha inoltre portato una novità nel panorama politico francese: la collaborazione tra il leader di LFI (La France Insoumise) Jean-Luc Mélenchon e il segretario generale dei sindacati CGT (Confédération Générale du Travail) Philippe Martinez. Viste le divergenze tra i due e la tendenza dei sindacati a non esporsi su questioni politiche, la loro collaborazione è stata un segnale forte nel quadro della “convergence des luttes”. Questa mobilitazione non è passata certo inosservata e ha fatto discutere per il fatto che, nonostante l’azione comune in seno alla “marée populaire”, i due gruppi non siano veramente uniti. Stando alle considerazioni di alcuni dei partecipanti la grafica politicamente “neutra” dei volantini “ufficiali” (un’onda su sfondo viola, colore non riconducibile a un gruppo politico in particolare) sarebbe stata pensata proprio per limitare i dissidi tra gli organizzatori.
Le speculazioni su questo tema nei giorni precedenti alla manifestazione sono state alimentate anche da alcune decisioni dei leader del movimento. Martinez per esempio, non ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione della “marée populaire” presso la sede della CGT di Montreuil il 17 maggio; annunciando come si sarebbe svolta la giornata, gli organizzatori hanno, tra le altre cose, precisato la disposizione in blocchi separati delle organizzazioni politiche e sindacali. Mélenchon ha dal canto suo chiarito fin da subito che avrebbe sfilato a Marsiglia piuttosto che a Parigi, dove ci sarebbe stato invece il segretario generale della CGT.
Il leader di LFI sembra anche essere stato il motore del cambio di nome della manifestazione, ribattezzata appunto “marée populaire”, scelta che subito ha fatto discutere sia perché tendeva a mettere l’accento sulla partecipazione di massa, sia perché richiamava (sia pure in modo paradossale) una celebre manifestazione del Sessantotto che si tenne a Parigi, rimettendo quindi la capitale al centro del discorso.
A Parigi, la manifestazione prevedeva la partenza da Gare de l’Est e l’arrivo a place de la Bastille, passando per place de la République. Alle 14.30 di sabato pomeriggio il clima era particolarmente rilassato e festivo: musica e bancarelle, mentre dei gruppi affiliati a LFI distribuivano numerosi cartelli ai manifestanti e i carri si preparavano al corteo; uno raffigurava l’onda viola scelta per rappresentare la marea popolare e ha proposto musica, suonata dal vivo, per tutto lo svolgimento della manifestazione. Risalendo verso la testa del corteo, dopo una prima osservazione generale, è stato impressionante notare il numero dei gruppi presenti e l’estensione del corteo. Prima ancora di partire, quest’ultimo arrivava già praticamente a place de la République, estendendosi quindi per quasi due chilometri.
Tra i vari gruppi presenti, i sindacati CGT si sono fatti notare con diversi carri, musica e un forte seguito di affiliati. Medici e personale ospedaliero, sostenitori della Palestina e associazioni dei quartieri di periferia hanno aggiunto i loro messaggi a quella che è stata una vera convergenza tra le diverse contestazioni. Studenti e ferrovieri sono tra i gruppi le cui azioni hanno caratterizzato l’attualità degli ultimi mesi con occupazioni e scioperi prolungati. Benché i media non ne parlino più, le azioni dei dipendenti delle SNCF (le ferrovie nazionali) e le occupazioni degli studenti continuano tuttora. A Nanterre per esempio, la facoltà di scienze umane è occupata da aprile senza reazioni da parte della direzione o delle autorità. I ferrovieri hanno inoltre occupato la sede delle ferrovie, mentre il progetto di privatizzazione del settore è sempre più una realtà. Durante la manifestazione del 26 maggio questi due gruppi si sono mostrati attivi attraverso diverse postazioni ai lati del corteo.
La ZAD Postale, un furgone con impianto audio già presente il 5 maggio, ha fatto nuovamente parte della manifestazione dando visibilità alle Zones à defendre e alle questioni legate all’occupazione di Notre-Dame-des-Landes.
Tra le diverse rappresentazioni offerte dai militanti è stato ancora una volta interessante notare la marcata presenza di riferimenti storici. Tra queste, la CGT si è riappropriata di una rappresentazione di propaganda conosciuta per essere stata capovolta nel suo significato. Il coltello tra i denti è questa volta applicato al liberalismo economico di Macron e unito allo slogan “Contre ça! Syndiquez vous!” (“Contro questo, sindacalizzatevi!”). Questa rappresentazione richiama la propaganda antibolscevica e anticomunista dei manifesti degli anni Venti e Trenta. La riappropriazione dell’immagine fatta dal PCF (grazie alla mano di Raoul Cabrol), dopo che la propaganda anticomunista aveva raffigurato Stalin, aveva ripreso il tema con il volto di Hitler e lo slogan “Contre ça / Votez communiste”. Nel 2018, il manifesto della CGT, graficamente ispirato a quest’ultima rappresentazione, fa un passo oltre e riadatta questa rappresentazione alle contestazioni contemporanee.
Nel blocco del sindacato CGT erano visibili anche numerosi riferimenti al 1968. Alcuni volantini ricordavano con ironia l’anniversario dei cinquant’anni di “amore” tra manifestanti e poliziotti antisommossa. Alcuni artisti hanno ridato vita alle tecniche di stampa e alle grafiche dei movimenti sessantottini riadattandole a diversi temi del contesto attuale. Questi manifesti erano appesi in diverse zone del percorso del corteo. Il PCF ha invece focalizzato la sua opposizione al presidente facendo capo allo slogan “Macron méprisant de la République” (“Macron sprezzante della repubblica”, ma in francese con una marcata assonanza tra méprisant e président) e rappresentandolo in panni regali. Quest’immagine era presente su numerosi volantini oltre che in un grande formato su un camion al centro del blocco “Coco” (parola gergale per definire e con cui si definiscono i comunisti francesi) del corteo. Marionette satiriche raffiguravano invece Macron come un monarca appeso alla forca e intento a volgere il dito medio a quanti più manifestanti possibile oltre che litigare con una Marianne, simbolo della Repubblica, con in mano uno stendardo inneggiante alla libertà e all’uguaglianza.
Un’altra ripresa di eventi storici è stata fatta in occasione dell’anniversario della fine della Comune del 1871: un camion è infatti stato allestito come tributo ai morti della “settimana di sangue”, i giorni tra il 21 e il 28 maggio 1871 in cui l’esercito di Versailles riprese il controllo della città reprimendo brutalmente la resistenza dei comunardi. Sul camion sfilavano musicisti e figuranti vestititi (più o meno) come all’epoca, e nel punto più alto del mezzo c’era una donna vestita di nero che sventolava la bandiera rossa della repubblica sociale: una Louise Michel (dietro di lei anche una frase della “vierge rouge”) che però ricorda un po’ anche Marianne. Sulle fiancate del convoglio, tra le altre cose, era possibile notare la riproduzione di una barricata e slogan incitanti a vivere attivamente il proprio comune.
Arrivati a place de la République, i black block, fino a quel momento invisibili, sono entrati in azione. Una quarantina di ragazzi (poche ragazze tra le loro fila questa volta) si sono rapidamente avvicinati al monumento alla Repubblica (ovvero una enorme statua di Marianne). Poco dopo uno di loro si è arrampicato a diversi metri di altezza per lasciare con la vernice un messaggio visibile da tutti: “La République aussi coupe des mains; #Collomb” (“Anche la Repubblica taglia delle mani”). Questo messaggio si riferisce a un incidente avvenuto recentemente a Notre-Dame-des-Landes, dove un militante ventunenne della ZAD ha perso una mano dopo aver raccolto una granata lanciata dai poliziotti durante uno scontro avvenuto mentre le zone occupate venivano sgomberate. Gérard Collomb è invece il ministro degli Interni, uno dei principali responsabili delle riforme contestate in questo periodo oltre che, ovviamente, l’autorità a cui fa capo la polizia.
Questa azione (e opinione) è stata accolta con un applauso da numerose persone che hanno assistito alla scena, ma la scritta ha avuto vita breve e due ore dopo non era già più visibile, coperta da un adesivo del colore della statua. Tutto questo episodio e le diverse Marianne create nel corteo o incontrate lungo la marcia, sotto forma di monumento ufficiale dello stato francese, sono di fatto un implicito riferimento storico, in questo caso a una disputa sul significato del termine “repubblica” che in Francia esiste almeno dal 1848. (federico boldini – continua a leggere…)
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