In risposta all’articolo Psichiatria in Campania. L’eredità tradita di Antonio Esposito, pubblicato su Napoli Monitor questo lunedì, riceviamo la replica di Walter di Munzio, fino al dicembre 2019 direttore del Dipartimento di salute mentale della Asl Napoli 2 nord.
Leggo l’articolo pubblicato il 6 luglio us sul vostro sito, riferito alla nuova struttura psichiatrica di Arzano, e vi prego di ospitare questa nota di precisazione in quanto sono direttamente interessato perché citato espressamente.
Poche considerazioni, disponibile ad approfondire per ulteriori precisazioni:
1. Sono stato direttamente interessato alla progettazione e apertura di quella struttura e quindi me ne assumo per intero la responsabilità professionale, anche se da dicembre 2019 sono in pensione e quindi non ricopro più l’incarico di direttore del Dipartimento della ASL Napoli 2 nord;
2. La struttura citata non ha mai inteso perpetrare la triste consuetudine manicomiale molto presente in Campania, anche nella rete delle nuove residenze attivate dopo la riforma.
3. Ora alcune valutazioni di merito, che ritengo di estrema importanza sottolineare:
La struttura nasce da un lavoro di internalizzazione in una ASL che aveva esternalizzato, verso il privato, alcune attività di competenza e che ha voluto ripristinare il primato del pubblico su un privato regolamentato da un protocollo generico e che non offriva tutte le necessarie garanzie di tutela dei pazienti ospitati (non richiedeva l’elenco delle prestazioni erogate, ma utilizzava una modalità forfettaria tale da rendere estremamente complesso il controllo di qualità sulle prestazioni effettivamente erogate). Per quella struttura sono stati addestrati i migliori Tecnici della riabilitazione, reclutati da appositi bandi pubblici o ricevuti per trasferimento da altre ASL della Campania.
Dispiace leggere forti critiche da operatori che conoscono il lavoro fatto e gli operatori che lo hanno sostenuto. Ma ciò è legittimo come legittima, credo, sia questa risposta che tenta di essere estremamente chiara.
Il percorso che ha portato alla apertura della struttura è stato condiviso in pieno con la Direzione Strategica Aziendale e con l’associazione dei familiari presente sul territorio ed estremamente attiva e numerosa.
La struttura è diretta attualmente da una collega, la dr.ssa Cimmino, che offre ampie garanzie di professionalità e di apertura alle pratiche dettate dalla riforma, ed è stata preceduta da un anno di intensa formazione teorico-pratica che ha impegnato le migliori professionalità nazionali e oltre in ambito psichiatrico. Intendiamo, tra l’altro attivare una pagina aperta sul sito aziendale con una puntuale rendicontazione del lavoro fatto e della progressione dei PTI attivati per ogni paziente ospitato (nel rispetto naturalmente rigoroso della privacy e della riservatezza delle informazioni, dovuta ai nostri pazienti). È frutto infine di un lavoro teorico e pratico sulla riorganizzazione dei servizi psichiatrici condotto dal sottoscritto nei quarant’anni di lavoro sul campo e di insegnamento presso la scuola di specializzazione in psichiatria dell’Università Vanvitelli di Napoli.
Ma ora analizziamo alcune delle critiche portate al progetto e a qualche valutazione di merito, dovuta per onestà intellettuale.
I quaranta posti accreditati sono il numero dei posti letto richiesti dalla ASL presso la regione e mai abbiamo inteso richiedere che tali posti possano essere occupati contemporaneamente nella stessa sede fisica dai nostri pazienti psichiatrici. Non sarebbe possibile, lo sappiamo bene e condividiamo profondamente il limite di venti posti per ogni modulo imposto dalla riforma psichiatrica (inglobata poi nella più generale riforma sanitaria del 1978 – Legge 833).
La nostra ASL passa infatti dai circa trecento pazienti ricoverati in residenzialità psichiatrica di qualche anno fa ai meno di cento attuali, con una previsione di ulteriori forti ridimensionamenti, grazie anche al protocollo operazionale che prevede una fortissima collaborazione/integrazione con il servizio socio-sanitario per la piena utilizzazione sui budget di salute e per l’ampliamento della già ricca rete di strutture sociali attive sul territorio, rete già ampiamente utilizzata dalla ASL Napoli 2. Sono infine state progettate altre strutture aziendali da aprire nei prossimi mesi che cancelleranno dal panorama delle residenze pubbliche attivate tutte le strutture di privato speculativo (incluse gran parte delle cliniche private) per arricchire la rete delle strutture di privato sociale.
Quando avremo completato il lavoro avviato potremo dire con orgoglio di aver prodotto un avanzamento reale del dettato riformatore e non una difesa sterile e acritica di una norma ormai superata in alcune sue parti essenziali. È cambiato infatti il numero e la dimensione di aziende territoriali e quindi il potenziale comunitario della assistenza costretta a virare su una organizzazione di tipo ospedaliero, come ha evidenziato questa crisi epidemica in alcune regioni del nostro paese. Urge, dunque, una revisione critica e attenta della norma, senza rinunciare ai principi concepiti dalla riforma psichiatrica del 1978.
Alla fine del progetto di riorganizzazione della nostra ASL potremo mostrare con orgoglio che era possibile avventurarsi nella costruzione di una rete di assistenza pubblica, fortemente connessa con tutte le altre strutture aziendali, a cominciare dal servizio socio sanitario e con una sistematica utilizzazione della rete di strutture socio sanitarie, autovincolandosi a una puntuale rendicontazione pubblica della progressione del lavoro svolto.
Grazie,
Walter di Munzio
* * *
La residenza di riabilitazione psichiatrica di Arzano pone nodi tematici, richiamati da associazioni e operatori, che la risposta di Di Munzio non scioglie. Chiaramente, la critica non è sulla storia, la professionalità e l’impegno degli operatori, ma sul metodo e sugli obiettivi perseguiti. Resta la questione dei posti disponibili: quaranta secondo le indicazioni dell’Asl e di De Luca, di meno per Di Munzio, che però da un lato non chiarisce la necessità dell’accreditamento per questa soglia, dall’altro sa bene che basta agire su più moduli per raggiungerla nel tempo. Se, al di là delle sigle, vogliamo dare senso alle espressioni, i Progetti terapeutici individualizzati (Pti) si caratterizzano per alcune specificità. Ancora attendiamo di sapere quali obiettivi di risocializzazione perseguano gli ennesimi laboratori di ceramica e pittura, e quali elementi di reinserimento lavorativo abbia un laboratorio sartoriale senza chiare garanzie contrattuali e reddituali. Problematica anche la questione dell’équipe professionale: per Di Munzio, sono stati “addestrati i migliori tecnici della riabilitazione psichiatrica”, ma la cura della sofferenza psichica richiede la formazione (e non l’addestramento) di équipe multi-professionali, evitando di riprodurre una autoreferenzialità disciplinare che sacrifica, per i propri dispositivi e interessi, altri sguardi e professionalità.
Ad Arzano, dove l’Asl dichiara l’obiettivo di allontanare le persone dal loro contesto di vita, il sociale viene clinicizzato, e l’internalizzazione, richiamata con condivisibile forza da Di Munzio, così realizzata rischia di risolversi nella replica di modelli e logiche di quel privato speculativo che, invece, si dichiara di voler combattere. Non vorremmo, quindi, che, tralasciando altri interessi, la leva ideale di questa iniziativa fosse questa dichiarata revisione della normativa psichiatrica, rafforzando, tra l’altro, una organizzazione di tipo ospedaliero. Siamo convinti che, se il Covid abbia insegnato qualcosa, sia proprio la necessità di tornare a una dimensione territoriale dell’intervento sanitario, ancor di più quello psichiatrico, recuperando il valore e il senso di una medicina capace di intervenire nel sociale, superare gli steccati disciplinari e lavorare sulla prevenzione in senso basagliano.
Un’ultima indicazione: siamo certi che la trasparenza garantita dall’attivazione sul sito aziendale per una puntuale rendicontazione del lavoro fatto e della progressione dei Pti attivati, avrà tempi più celeri di quelli che ancora oggi, a sette mesi dalla pensione, sullo stesso sito aziendale, continuano a indicare Walter Di Munzio come direttore del Dipartimento di salute mentale. (antonio esposito)
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