Si presenta oggi alle 17,30, al Circolo della stampa di Avellino, il libro di Beppe Battaglia, Le Tre Libertà. Fotogrammi di un’evasione e altri modi di uscita dalla prigione (Sensibili alle foglie 2019). Alla presentazione organizzata dalla Caritas di Avellino partecipano Rita Bernardini, Aristide Donadio, Carlo Miele, modera Giulia Argenio.
Se volete comprendere il senso della parola libertà dovete andarla a cercare nel luogo del suo opposto, il carcere. Questo insegnamento di Michel Foucault è ben raccolto nel libro di Beppe Battaglia che racconta una storia vera, vissuta in prima persona. Il tentativo di evasione dal carcere di Favignana, siamo nel 1975, attraverso un tunnel che, nelle intenzioni dei reclusi, deve superare il muro di recinzione e portarli in prossimità del mare. Di qui un motoscafo avrebbe consentito loro di raggiungere la costa e guadagnare la libertà. Compatto, leggero e ironico il racconto si snoda tra gli stratagemmi e i piani di scavo che sono insieme dimostrazione di arguzia e di quella particolare forma di tenacia che si è disposti a mettere in atto solo in un caso, quando è in gioco la nostra libertà. Un libro che fa memoria su cosa era il carcere in quegli anni: un costante clima di violenze, intimidazioni, censura e arbitrio. Un carcere disciplinato dai regolamenti fascisti, nel quale si adoperavano a scopo punitivo i letti di contenzione, e che proprio nel 1975 avrebbe cominciato un lento percorso di riforma normativa. Un carcere nel quale i detenuti erano numeri di matricola senza nome e senza futuro. Epperò, questo libro è qualcosa in più di uno spaccato di una epoca che non c’è più o di un piccolo diario personale.
È una riflessione più che mai attuale sul significato della parola libertà. Perché non esiste una sola libertà, spiega Battaglia, c’è una libertà concessa, una conquistata e una comprata. Tra tutte le forme di libertà possibili quella più bella è quella che ci si conquista da soli, anche quando sembra impossibile, quando si è destinati a fallire, quando lo sforzo richiesto è ben al di sopra delle nostre possibilità. Ciò nonostante, contro ogni evidenza razionale, magari contro anche il buon senso che suggerirebbe pazienza, questa ricerca della libertà impossibile è ciò che ti fa sentire vivo, intimamente, che rende possibile sopportare i regimi detentivi più duri, finanche l’isolamento o che ti fa superare la paura delle punizioni e delle sanzioni, fisiche prima ancora che giuridiche. Nel soffio di vento che si avverte al termine del tunnel, dopo anni di privazioni e assenza di cielo e sole, nell’ipotesi del mare che si immagina al di là di un muro, nelle radici di un albero, nella segreta soddisfazione di sfuggire ad un guardiano ottuso e violento.
Nel tempo che è trascorso da quella storia, oltre quaranta anni, sono mutate molte cose, prima tra tutte la tensione politica e ideale che attraversava quegli anni. Beppe Battaglia, uscito dal carcere dopo aver espiato fino in fondo la sua pena vi è subito rientrato, ma in veste di operatore sociale, diventando presto una delle figure più stimate in quello che resta un difficile campo dell’intervento sociale. Se molto, forse tutto è cambiato da allora, incluso il protagonista di questa storia, rimane immutata la tensione che era alla base di quel tentativo e che ci insegna, per usare la bella metafora di Battaglia, che “ci sono parole che si pesano sulla bocca e altre che si raccontano con le mani. Libertà è una di queste parole, è parola di scavo”.
La libertà è “parola di scavo”, non si può stare fermi ad attenderla, occorre muoversi per conquistarla e poco importa se l’obiettivo non è subito raggiunto. Ognuno come può o come meglio crede, ma ciascuno ha diritto a liberarsi dalla propria prigione (qualunque forma essa abbia) o anche solo a desiderare di farlo. Perché sappiamo bene che la libertà, in fondo, altro non è che desiderio di libertà. (dario stefano dell’aquila)
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