Maurizio Sarri rischia una squalifica di due mesi, forse quattro. Sarebbe questa la pena da scontare per aver dato del “frocio” a Roberto Mancini. E va bene, se queste sono le regole, allontaniamo pure il tecnico dalla panchina del Napoli nel momento cruciale del campionato. In panchina ci andrà il secondo, e poco importa. Questo è l’anno buono, e il polverone mediatico non servirà a confondere i calciatori. Bisognerà capire cosa ha riportato l’arbitro nel referto, ma l’ormai stretta connessione tra racconto televisivo e partita lascia intendere che per Sarri non ci sarà scampo.
Detto ciò, si profila un’altra battaglia solitaria. E cioè Napoli, nella sua inciviltà, contro il sistema calcio. Quello rappresentato da Tavecchio, uno che invitava i calciatori africani a restare nel loro paese di nascita a mangiare banane. E dal suo braccio destro Belloli, che rifiutava investimenti nel calcio femminile argomentando che «non si può dar sempre soldi alle lesbiche». La differenza sta in questo, probabilmente. La discriminazione è quella di Tavecchio, il più alto in grado nella scala del calcio italiano, che con quelle dichiarazioni nega dei diritti ad alcune persone. Il “razzismo” (termine improprio tirato in ballo da Mancini) di Sarri, consiste invece nel chiamare frocio il suo collega, non evidenziando una volontà discriminatoria, bensì tentando di offendere, attraverso una parola che magari è volgare, ma che non dovrebbe essere offensiva.
Sarri e Mancini, due mondi diversi. Il conflitto è già nell’apparenza. L’uno perennemente in tuta, mozzicone della sigaretta tra le labbra, trasandato e leggermente annoiato dal carrozzone mediatico. Si esalta sul campo d’allenamento e quando Callejon rientra a dare una mano in difesa. L’altro impeccabile, completo sempre nuovo cucito su misura dal suo sarto napoletano, capelli imbalsamati e ordinati, parlantina galante. Nel dopo partita “non cerca alibi” ma trova sempre “gli episodi sfavorevoli”, anche se “pure gli arbitri possono sbagliare”. Dice tutto senza dire niente. Sarri non sopporta Mancini e i suoi modi garbati, e nel calcio del fair play – dove Blatter e Platini incassano tangenti, le partite si truccano, i diritti televisivi vengono spartiti come le torte Montebovi – questo non sta bene.
Bisogna fare sempre buon viso a cattivo gioco, essere politicamente corretti. Allegri e Montella nel dopo partita si salutano attraverso gli auricolari in collegamento con lo studio centrale. E giù complimenti. Mihajlovic e Mancini si scambiano cortesie. Colantuono e Ferrero, Donadoni e Galliani, Marotta e Paulo Sousa. L’immagine che ne esce è sempre la stessa: si vogliono tutti bene. D’altronde anche nelle nuove regole della Infront, l’azienda che gestisce la diffusione delle immagini televisive per conto della Lega, è stata esplicitata una richiesta dei vertici federali: poco spazio ai falli, agli insulti, alle bestemmie, agli scontri sugli spalti. Più risalto alle belle giocate. È il calcio-aspartame. Più dolce ma senza zuccheri, tutto chimico. Per non dire degli effetti lassativi.
E se tutti a sedici anni abbiamo letto Bukowski – scrittore che Sarri predilige – almeno questo concetto dovrebbe esserci rimasto. Bukowski rivendicava il diritto di chiamare le cose come voleva, senza timore che qualcuno lo additasse. Il “frocio” di Sarri non va spiegato. Chi lo capisce è saggio, chi non lo capisce è ottuso. Così come ottusi sono stati ieri Bruno Gentili, Marco Mazzocchi, Marino Bartoletti e – soprattutto – Giampiero Timossi. Ovvero gli ospiti e il conduttore di Zona undici, trasmissione che su Rai Sport ha analizzato e commentato la gara di Coppa Italia. Ma di commento tecnico c’è stato ben poco. In realtà è andato in scena un processo a Sarri, in diretta, dove i giudici si mostravano poco inclini ad ascoltare e assai decisi nel condannare.
Questo perché avevano già sposato la tesi di Mancini, arrivato infreddolito e tremante davanti ai microfoni, per dire quello che doveva dire. E allora la pletora di cronisti-pappagallo ha azzannato l’osso di seppia. Quelli che non fanno una piega davanti alle intemperanze dei grandi (vedi le bestemmie di Buffon), ma non perdonano nulla a quelli che vengono dal basso. Sul più debole è più facile accanirsi, e Sarri può essere un lavoratore per alcuni, un miracolato per altri.
Sarri ha sbagliato per la totalità dell’opinione pubblica, ha dovuto chiedere scusa non solo a Mancini ma a tutti gli omosessuali. Le grandi firme dei giornali, stamattina, chiedono la testa del tecnico. “Lunga e giusta squalifica”, scrive Bocca su Repubblica. “Sarri non doveva farlo”, Aldo Grasso sul Corriere. Mancini, intanto, diventa un’icona gay e non ci sarebbe da stupirsi se fosse cooptato da Vladimir Luxuria per le prossime sfilate. Così una questione molto semplice, come una caduta di stile dettata dal nervosismo e dall’adrenalina, cozza con la volontà di ingigantirla tipica della stampa italiana, che si ritrae a chioccia nelle proprie convinzioni cercando di inserire qualunque evento in una macro-categoria. Sarri, il nuovo, quello che fino all’altro-ieri rappresentava la meritocrazia, la scalata dalla seconda categoria, la rinuncia al posto fisso per inseguire il sogno di allenare, ora è in pasto ai leoni. Perché non si adegua alle regole che il mondo calcio gli chiede. Perché ha reazioni da calcio vero, quello da cui proviene, quello che in tv o sui giornali non è raccontato. Andate a vedere una partita di prima categoria. Segnate su un taccuino gli insulti e poi provate a scatenare polemiche. Vi rideranno in faccia.
Manlio Scopigno, passione per il whisky e le sigarette, tuta d’ordinanza, resta nella storia del calcio anche per le sue geniali risposte. Una volta disse: «Il calcio è un castello le cui fondamenta sono le bugie. Io dico pane al pane e brocco al brocco e passo per un tipo bizzarro. Tutti gli altri, dal mago Helenio al mago di Turi, passando per l’asceta Heriberto, sono tipi regolari». All’epoca non c’erano Fabrizio Bocca, Marco Mazzocchi e Giampiero Timossi. Sul Guerin Sportivo di Brera scriveva Luciano Bianciardi. Scopigno vinse lo scudetto con il Cagliari nel 1970. (palanza)
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