A un anno dalla sua uscita di scena come amministratore, ma non come uomo politico, l’ex sindaco di Napoli (per sei anni) ed ex governatore della Campania (per dieci), Antonio Bassolino, licenzia un libro che dovrebbe essere di bilancio e di memorie, e forse nelle attese di qualcuno anche fonte di retroscena o di nuove interpretazioni sulla lunga stagione di governo che l’ha visto protagonista a livello locale ma anche nazionale. Il libro si chiama Napoli, Italia (Guida, 2011) e porta in copertina un tricolore al vento appeso a due mollette come se fosse un panno steso al sole.
In effetti, costanti nel libro sono i rimandi e i legami tra le vicende locali e nazionali, anche se l’attenzione sembra tutta rivolta solo e soltanto ai giochi di Palazzo: il rapporto con Prodi, con Veltroni, con D’Alema, le alleanze degli uni, gli sgarbi degli altri e così via. Una buona fetta del libro si risolve in questa rivisitazione bassoliniana degli ultimi vent’anni di lotte intestine, strategie e posizionamenti dei vari dirigenti di quel che oggi è il “centrosinistra” e un tempo erano comunisti e democristiani, intorno alla questione della presa e del mantenimento del potere, unico vero orizzonte alla fine di questa, o forse di tutte le classi dirigenti, con ampio spazio per le figure della parte avversa (Berlusconi, Bertolaso, De Mita), che per contrasto agli ingrati compagni/rivali di partito assumono quasi i contorni di nobili antagonisti, con i quali, a seconda delle circostanze, si duella o si collabora.
A ben pensarci, non ci si poteva aspettare altro. Aneddoti e retroscena si riducono a pochissima cosa; qualche ritratto affettuoso di persone fidate ma marginali nell’economia del discorso (le segretarie, l’usciere del comune, un suo assessore ora scomparso); un paio di incursioni nel personale, con un po’ di buona volontà interpretabili come metafore (il capitolo sul vizio del fumo e quello sull’amore per la gatta di casa); e poi via con l’elenco delle “cose fatte” (da quelle degli anni del Rinascimento fino alle ultime realizzazioni, dalla metropolitana dell’arte al restauro del San Carlo, all’Auditorium di Ravello, in questa stucchevole identificazione della cultura con determinati luoghi di rappresentanza…), ovvero esattamente lo stesso disco rotto dell’ultimo Bassolino, quello costretto all’angolo dalla crisi dei rifiuti, quello indagato e “consigliato” di dimettersi dai vertici del suo stesso partito, quello che respinge a denti stretti ogni addebito, quello che “ho vinto quattro elezioni”, ma che Veltroni umilia a piazza Plebiscito lasciandolo ai piedi del palco, allo stesso modo di Berlusconi il giorno dell’inaugurazione dell’inceneritore di Acerra.
Sembra di risentire il tono monocorde di quella litania che non tollera contraddittorio: il ricorso indefinito allo spauracchio delle infiltrazioni camorriste; gli errori commessi solo per eccesso di generosità o spirito di servizio (disciplina di partito, si diceva una volta); l’arroccamento orgoglioso scambiato per tenacia; il fallimento della riqualificazione di Bagnoli liquidato in un rigo e mezzo, fino alla riaffermazione che la discarica di Pianura, una bomba ecologica dispensatrice di cancro, andasse riaperta dopo tredici anni, vantandosi anche di averci provato proprio sotto Natale per evitare le proteste degli abitanti.
Nessuna autocritica, mai. Soprattutto nessuna analisi del perché, nonostante tutte queste meraviglie, si sia passati dalle stelle del rinascimento alle stalle della crisi rifiuti. Infine la precisazione, un po’ banale, un po’ berlusconiana, che “Napoli non è Gomorra”. Al massimo lo sarà Casal di Principe…
Chi sperava di leggere il grande memoriale di questi anni, da parte di chi ha caratterizzato, nel bene e nel male, la vita della nostra città; chi sperava in un volare alto, libero finalmente dalle ipocrisie della politica, sarà rimasto deluso. Antonio Bassolino è ancora lì dove l’abbiamo lasciato, se non con il corpo almeno con la mente – e lo dimostra la vigilia agitata delle prossime comunali. Forse tra vent’anni potrà scrivere un libro diverso. Ma ne dubitiamo. Meglio affidarsi a qualcun altro per capire davvero qualcosa degli anni che ci siamo lasciati alle spalle. (luca rossomando)
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