Rilanciamo a seguire l’appello partito dalla redazione di Carmilla dopo la condanna per diffamazione comminata a Giovanni Iozzoli, scrittore e delegato sindacale, a cui il Tribunale di Modena ha imposto il pagamento di circa ventimila euro (tra risarcimento e spese legali) a favore del colosso dell’export agroalimentare emiliano Italpizza.
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Italpizza si era sentita diffamata da un articolo di Iozzoli, pubblicato nel 2019, nel quale si raccontava della durissima vertenza sindacale che aveva costretto l’azienda, per diversi mesi, a un prolungato braccio di ferro con le sue maestranze. Al centro della vertenza il lavoro povero, precario, gli appalti interni e i contratti inadeguati: cioè l’eterna ricetta della “competitività” all’italiana.
Il racconto di quella lotta, prodotto da Iozzoli, ha portato a una denuncia per diffamazione aggravata da parte di Italpizza; il primo grado di giudizio si è concluso con la pesante condanna emessa ai danni di un cittadino non tutelato da alcun ordine professionale – reo solo di aver osato criticare le politiche occupazionali e le relazioni sindacali, promosse da un gigante industriale.
Questo esito rappresenta l’ennesimo tentativo di soffocare la visibilità del conflitto sociale e l’interesse collettivo, che senza critica e presa di parola risulterebbero fortemente compromessi. Sentenze come queste hanno un solo effetto: inibire il lavoro d’inchiesta, di denuncia pubblica e di produzione culturale, qualora tocchino gli interessi di quei potentati industriali e finanziari che oggi rivendicano mano libera o possibilità di condizionamento – non solo nell’azione economica, ma anche nel governo dei territori, nel controllo dell’opinione pubblica e alla lunga, a questo punto, nel lavoro culturale.
Chiediamo alle forze politiche, sindacali, associative, alle espressioni della società civile, dei movimenti e della cultura, una presa di posizione chiara in difesa della libertà di parola: esprimere solidarietà a Iozzoli, in questo momento, vuol dire difendere la libertà di tutti e di tutte.
Raccontare il conflitto, i bisogni negati e le ragioni del lavoro, è oggi un imperativo civile a cui non ci si può sottrarre.
Chiamiamo a un pronunciamento pubblico a sostegno di Giovanni e del diritto di espressione. (la redazione di carmilla online)
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