È un venerdì mattina assolato al Centro direzionale di Napoli, desertificato dagli strascichi del Covid-19 e dal prolungamento dello smart working per i dipendenti pubblici. A interrompere il grigiore dei palazzi di cemento e vetro, un flash mob a cui partecipano una settantina di persone in maglietta bianca. Sono alcuni dei 2.500 “giovani” del concorsone organizzato dalla Regione Campania nell’ambito del piano lavoro per le amministrazioni pubbliche, fiore all’occhiello del primo mandato di Vincenzo De Luca e tema preferito – insieme alla gestione securitaria dell’emergenza pandemica – dei suoi tanti monologhi in diretta Facebook.
In effetti, se i cittadini dovessero far fede alle parole del governatore, non capirebbero perché i manifestanti abbiano deciso di scendere in piazza in un giorno rovente di fine luglio. Secondo il governatore gli idonei al concorso avrebbero dovuto iniziare proprio in questi giorni la terza fase prevista dalla procedura, quella della formazione presso gli enti locali regionali, per la quale sarebbero stati pagati per dieci mesi. Eppure, i settanta manifestanti dicono di rappresentare un gruppo molto più numeroso, circa seicento persone, idonee a ben due prove scritte ma escluse dal prosieguo del concorso. Espongono uno striscione “idoneità = merito = lavoro” e chiedono di poter incontrare un esponente dell’amministrazione regionale per sottoporre la loro situazione alle istituzioni.
Mentre una piccola delegazione viene ricevuta dalla consigliera regionale Flora Beneduce che, come tanti transfughi di Forza Italia, è oggi candidata alle prossime elezioni con De Luca, chiedo ad alcuni manifestanti i motivi del sit in. «È una situazione paradossale – esordisce D., una laurea in Scienze Politiche e molti lavori precari alle spalle –. Siamo qui perché abbiamo superato due prove ma non siamo ammessi a proseguire il concorso poiché non ci sono abbastanza enti per accoglierci in fase di formazione, nonostante la Regione abbia stanziato più di cento milioni di fondi europei».
Una contraddizione impensabile, se si pensa alle condizioni in cui è maturata la decisione di istituire questo concorso. Da un lato la necessità di personale degli enti locali, messi alla prova negli ultimi anni dal patto di stabilità e dai numerosi pensionamenti avvenuti con la riforma della “quota 100”. Per molti invece, giovani e meno giovani, diplomati e laureati, la prima occasione lavorativa negli enti pubblici campani dopo anni in cui non venivano banditi concorsi con questi numeri: non più di un anno fa la Regione ipotizzava di dare lavoro, alla fine delle procedure concorsuali, ad almeno 10 mila persone. Il concorso è stato bandito però per soli 2.200 posti, e nonostante la grande affluenza iniziale – più di 100 mila persone hanno sostenuto lo scorso settembre le prove preselettive – «le distorsioni dell’organizzazione, gestita superficialmente da Regione, Formez e Commissione Ripam, hanno portato a selezionare meno profili tecnici di quelli richiesti e molti più amministrativi di quelli messi a concorso», spiega D.
I numeri che mi forniscono gli altri manifestanti che stanno seguendo la nostra chiacchierata smentiscono quelli sfoderati da De Luca nelle sue dirette. «Alla fase di formazione avranno accesso meno di duemila persone, e di queste soltanto l’ottanta per cento potrà essere assunto a tempo indeterminato. Sarebbero 1.600 sui 2.200 posti messi a concorso», mi spiega F., avvocato civilista. Se i vincoli di legge indicati nel bando non permettono attualmente una soluzione per gli idonei esclusi, questi ultimi non solo sembrano voler appellarsi alle necessità di organico attuali delle amministrazioni pubbliche, ma lamentano anche lo sfruttamento della retorica dei “posti di lavoro”, di cui De Luca sta facendo sfoggio in vista delle prossime elezioni. «Non più tardi di due mesi fa l’Anci Campania ha scritto alla Regione e al Formez lamentando la carenza di unità lavorative aggravata dall’emergenza Covid e proponendo assunzioni semestrali in attesa degli esiti del concorsone – prosegue F. –. De Luca deve poi spiegarci perché ha recentemente sbandierato l’ipotesi di un nuovo concorso per la pubblica amministrazione campana da cinquemila posti. Entrambe le soluzioni non tengono in conto l’opportunità di attingere alla nostra graduatoria e far lavorare seicento persone senza sprecare ulteriori soldi pubblici. I fondi per il nostro tirocinio sono già stanziati, tra l’altro», incalza D., mentre il sole si fa alto e pochi altri giornali raccolgono ulteriori testimonianze tra le voci del presidio.
Il tema dello spreco dei fondi pubblici, o del loro uso distorto, è un altro dei cavalli di battaglia dei manifestanti. La Regione ha ricevuto per la sola fase di formazione cento milioni nell’ambito della programmazione comunitaria POR – FSE, a cui accede poiché i tassi di disoccupazione sono più alti che nel resto d’Italia, e ne impiega attualmente solo una ventina. Ma non è tutto qui: «Ci dicono che il motivo che ci impedisce di accedere al tirocinio sono legati ai vincoli del bando. Eppure, non hanno avuto problemi a trovare una soluzione legale per alcune centinaia di dipendenti pubblici che hanno partecipato al concorso per stabilizzare la propria posizione lavorativa o per ottenere una progressione di carriera, che stanno cumulando oltre al loro stipendio anche la borsa di formazione che la Regione ha stanziato con i fondi che l’Ue elargisce per ridurre le percentuali di disoccupazione delle regioni meno sviluppate», aggiunge D.
A solo un anno dalla famosa strumentalizzazione della posizione lavorativa dei navigator vincitori di concorso nell’ambito della riforma intrapresa con l’istituzione del reddito di cittadinanza, l’atteggiamento di De Luca verso le aspettative dei partecipanti al concorso rimane quello dell’opportunismo. Che si tratti di una lotta spietata volta a ostacolare l’assunzione di cinquecento persone per una riforma nazionale promossa da un partito “nemico”, come nel caso dei navigator ai tempi del governo giallo-verde, oppure di personalizzare un concorso nascondendo le sue ambiguità, i fallimenti dei suoi numeri e tenendo fuori parte dei selezionati, De Luca non mostra altra intenzione che utilizzare il legittimo diritto al lavoro di persone che hanno meritatamente superato un concorso, se non in termini di propaganda elettorale.
È mezzogiorno quando la delegazione scende dagli uffici del consiglio regionale e comunica al resto dei manifestanti l’esito dell’incontro. La consigliera Beneduce promette di sostenere le loro istanze presso il governatore e di arrivare a una soluzione per gli idonei esclusi prima di fine settembre, quando la graduatoria, stando al bando, non sarà più valida e le possibilità di lavorare nell’amministrazione pubblica campana per queste persone verrà ricondotta a ulteriori promesse. Nuove mobilitazioni sono previste per la prossima settimana. (ferruccio parra)
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