Sabato 5 novembre si terrà a Napoli (concentramento a piazza Garibaldi, ore 14:00) una manifestazione indetta dalla piattaforma Insorgiamo, nello specifico organizzata dal collettivo di fabbrica della Gkn di Firenze e dal Movimento disoccupati 7 novembre. La manifestazione lancia una serie di rivendicazioni a livello nazionale, proponendo una lettura complessiva delle problematiche più urgenti e proponendosi di mettere in relazione tra loro le lotte contro la disoccupazione e l’emergenza abitativa, la devastazione ambientale e la crisi climatica, la guerra e il carovita.
Abbiamo intervistato per l’occasione alcuni disoccupati del Movimento 7 novembre e gli abbiamo chiesto del percorso che ha portato all’organizzazione di questa manifestazione e dei possibili scenari futuri.
Come nasce questa mobilitazione e che rapporto ha con le lotte che si sono sviluppate nell’ultimo anno e mezzo a livello nazionale?
«Questa iniziativa rientra nel percorso della piattaforma Insorgiamo ed è frutto di un confronto iniziato mesi fa tra gli operai della Gkn, i Disoccupati 7 novembre, i lavoratori della logistica, del Si Cobas in particolare. La storia dei licenziamenti via sms dei lavoratori Gkn nel luglio 2021 è ormai nota. Seguì subito dopo l’occupazione della fabbrica e la creazione di un presidio permanente. Dalla Campania tanto i lavoratori del Si Cobas quanto i disoccupati cercarono questo incrocio, diciamo di solidarietà attiva, nonostante la provenienza sindacale differente, dato che molti operai Gkn appartengono perlopiù alla Fiom-Cgil. Questo incrocio ha prodotto una serie di iniziative e di confronti culminati in vari appuntamenti di “convergenza” a livello nazionale: due a Firenze, uno a Bologna, e anche un tentativo poi non concretizzatosi a Genova, dove si voleva provare a concentrare le forze intorno alla vicenda dell’invio delle armi, tra l’altro a cavallo dell’anniversario del G8 in quella città.
«Col tempo ha preso corpo questo spazio, che si è costruito sulle due parole d’ordine lanciate dai toscani, l’invito a “insorgere” e anche questo termine “convergenza”, con il quale si cerca di evocare, piuttosto che l’unità per l’unità, un rafforzamento collettivo di lotte che si ritengono decisive in alcuni territori. Una di queste è la vicenda del lavoro-non lavoro, del salario e dei disoccupati organizzati di Napoli, che col tempo gli operai Gkn hanno conosciuto bene, tant’è che tra l’altro lo stesso coro della Gkn è il coro dei disoccupati, il famoso Occupiamola che è diventato poi anche il coro degli studenti alla Sapienza».
Quando è nata l’idea di una data napoletana?
«È nata prima della caduta del governo Draghi, prima del peggioramento evidente – seppure già fossimo in una situazione critica – del carovita e della speculazione economica legata al conflitto in Ucraina. E quindi questa manifestazione, che doveva essere una giornata di supporto alla lotta ai disoccupati, è diventata anche qualcos’altro. Perché nel frattempo è caduto il governo rappresentante della borghesia internazionale, che tentava col suo mantello di coprire tutte le contraddizioni che abbiamo in questo paese, ci sono state le elezioni che hanno portato alla formazione del governo Meloni, che hanno evidenziato numeri altissimi in termini di astensionismo, ma anche un risultato molto chiaro al Sud sul tema del reddito di cittadinanza, dell’autonomia differenziata e su numerose questioni sociali che questo esecutivo pone in maniera distorta. Il fronte quindi si è fatto più ampio. Hanno aderito i movimenti per il diritto all’abitare di Roma, e poi realtà in lotta da Palermo a Taranto, Bari, Cosenza, Catania, dove di solito si stenta ad avere un aggancio, una relazione, tra le stesse realtà del Sud e ancor più a livello nazionale».
È una manifestazione contro la guerra?
«Lo è nel senso che per combattere la guerra bisogna produrre iniziative di lotta contro i governi, contro l’imperialismo e le conseguenti politiche di “lacrime e sangue”, che poi sono quelle che colpiscono gli strati sociali più deboli. Essere contro la guerra non può significare chiedere la pace agli stessi governi che hanno votato senza esitazione per l’invio delle armi e che stanno a proprio agio all’interno dei piani della Nato. Questo per noi è evidente, ma il 5 sarà ancora più chiaro considerando che a Roma nella stessa data si terrà una manifestazione organizzata dalla sinistra istituzionale che purtroppo ha coinvolto tanti soggetti, in buona fede, dal mondo dell’associazionismo e del pacifismo, che saranno lì sperando che la loro presenza possa mettere all’ordine del giorno la causa della pace. Da quella piazza a nostro avviso emergerà in modo evidente questa grande contraddizione».
Questa evoluzione nella piattaforma della manifestazione è stata proposta da Napoli, da Firenze, o ci si è giunti attraverso ragionamenti collettivi?
«A Napoli già l’anno scorso, il 13 novembre 2021, facemmo un’iniziativa nazionale, un corteo intorno alla questione dei disoccupati, dove partecipò il Si Cobas a livello nazionale, insieme ad altre realtà solidali, in seguito alla notizia che avemmo dalla procura di essere indagati per associazione a delinquere.
«A gennaio arrivarono gli avvisi orali e quindi si ipotizzò di ripetere un’iniziativa ancora più ampia contro la repressione. Quindi da un lato c’era questa proposta che partiva da Napoli, dall’altro c’era la disponibilità del collettivo di fabbrica Gkn a costruire una tappa nel meridione. Una tappa un po’ diversa, come composizione e come tematiche, da quelle del centro-nord: per la questione del carovita, della crisi, del reddito di cittadinanza… Così si sono unite queste spinte, anche logistiche, a cominciare dalla possibilità di un’organizzazione come il Si Cobas di mettere a disposizione decine e decine di pullman da tutta Italia. Da quel blocco si è aggiunto poi l’entusiasmo di tante realtà che hanno visto in questa ipotesi una possibilità per dare un po’ di ossigeno alle lotte e ai movimenti sociali a livello nazionale».
Questo entusiasmo può contribuire a dare un peso maggiore alle lotte che si sviluppano nel sud Italia e che hanno grosse difficoltà a interagire con quelle del resto del paese?
«Questo è difficile da dire. Una cosa certa è che una piattaforma costruita così ha dato la possibilità di non riprodurre le solite dinamiche per cui le piazze e gli appuntamenti venivano decisi da un “ceto politico di movimento”. Poi naturalmente gli sviluppi possibili non dipenderanno soltanto da chi la propone… Ciò che sta emergendo è che queste tappe di “convergenza” contribuiscono a ricostruire un immaginario collettivo che può dare fiducia a chi partecipa, e anche la sensazione di non riprodurre sempre i soliti cortei, che poi sono sempre meno partecipati. A Bologna due settimane fa c’erano decine di migliaia di persone. Poi, certo, bisogna discutere sulla prospettiva e per questo non bastano gli slogan, ma serve capire in che direzione si va. Per noi sarà importante, dopo queste tappe, lavorare alla realizzazione di una stagione di sciopero generale dei lavoratori e delle lavoratrici, a cominciare dalla tappa del 2 dicembre, su cui fortunatamente c’è l’unità del sindacalismo di base.
«La possibilità che questa piattaforma possa diventare non solo un nome intorno al quale si riconoscono tutti, ma anche uno strumento con una capacità di una strutturazione sui territori è affascinante e ambiziosa. Sulla questione del Sud, uno strumento del genere potrebbe dare maggiore forza anche alle realtà non metropolitane».
Qual è la proposta politica che può avviare un processo del genere?
«Le relazioni tra organizzazioni hanno tante sfumature, tante questioni. Si potrà costruire una proposta politica complessiva se si avrà la capacità di separare il dibattito anche franco e aperto, le possibili divergenze sulla strategia tra le varie organizzazioni (per esempio, rispetto al tema elettorale, la gestione delle vertenze, eccetera), da quello che può essere un terreno immediato di unità d’azione che di per sé non esclude, anzi, chi è fuori dai nostri perimetri».
Sono già state individuate delle tappe successive?
«A Napoli ci sarà una riunione il giorno dopo la manifestazione, ma non è propriamente una riunione di Insorgiamo, semplicemente sarà utile per fare delle riflessioni insieme alle realtà che riescono a rimanere in città. Poi si lanceranno le date del 2 e del 3 dicembre, con lo sciopero generale e una manifestazione nazionale a Roma del sindacalismo di base e delle realtà che aderiranno». (a cura di riccardo rosa)
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